A Villar Perosa un museo sospeso tra passato e futuro

La memoria del passato e la realtà produttiva di un’azienda globale. Insieme, fianco a fianco, a simboleggiare una continuità non solo storica nello stabilimento già Riv di Villar Perosa che ospita il Museo della Meccanica e del Cuscinetto. Inaugurato ufficialmente il 3 maggio scorso alla presenza degli esponenti di spicco di quelle istituzioni che insieme hanno voluto concretizzare un progetto abbozzato nel 1996 in occasione del 90° anniversario RIV, è oggi un museo a tutti gli effetti.E sulla scia delle rievocazioni è stato proprio il presidente onorario della Fiat Giovanni Agnelli a dare il benvenuto agli invitati con immagini e ricordi di una valle che lo ha sempre visto presente sin dai tempi della sua candidatura a sindaco accanto all’ex partigiano Ferrero. Quando suo nonno la comprò da Roberto Incerti, la Riv divenne simbolo di quell’operosità che neppure i bombardamenti dell’ultima guerra avevano scoraggiato. Avrebbe lasciato una realtà piccola e affettuosa, alla quale tuttavia sarebbe sempre rimasto legato: questo il suo pensiero quando Valletta gli affidò il timone della Fiat.

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La memoria del passato e la realtà produttiva di un’azienda globale. Insieme, fianco a fianco, a simboleggiare una continuità non solo storica nello stabilimento già Riv di Villar Perosa che ospita il Museo della Meccanica e del Cuscinetto. Inaugurato ufficialmente il 3 maggio scorso alla presenza degli esponenti di spicco di quelle istituzioni che insieme hanno voluto concretizzare un progetto abbozzato nel 1996 in occasione del 90° anniversario RIV, è oggi un museo a tutti gli effetti.E sulla scia delle rievocazioni è stato proprio il presidente onorario della Fiat Giovanni Agnelli a dare il benvenuto agli invitati con immagini e ricordi di una valle che lo ha sempre visto presente sin dai tempi della sua candidatura a sindaco accanto all’ex partigiano Ferrero. Quando suo nonno la comprò da Roberto Incerti, la Riv divenne simbolo di quell’operosità che neppure i bombardamenti dell’ultima guerra avevano scoraggiato. Avrebbe lasciato una realtà piccola e affettuosa, alla quale tuttavia sarebbe sempre rimasto legato: questo il suo pensiero quando Valletta gli affidò il timone della Fiat.

   E c’è da credergli, ascoltando il tono affettuoso delle sue parole dinanzi ad una foltissima platea.
   In prima fila, accanto all’amministratore delegato della SKF Industrie Giuseppe Donato che prenderà la parola dopo di lui, il CEO del Gruppo SKF Sune Carlsson, il presidente della RIV-SKF Officine di Villar Perosa Giovanni Rossignolo, il presidente dell’Amma Alberto Peyrani, il sindaco di Villar Perosa e presidente della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca Roberto Prinzio e il presidente del Consorzio Interaziendale per la Formazione Professionale in Val Chisone Giovanni Vaglienti. Tra i numerosi invitati, anche gli allievi della facoltà di Economia e Commercio, nel contesto del corso sull’economia dell’innovazione.
   Ed è proprio la spinta verso l’innovazione, quella grande energia propulsiva che vive nei reperti esposti nelle ampie sale del museo a confermarci l’evoluzione della ricerca tecnologica che ha fatto grande la RIV prima e l’SKF poi.
   Non solo cuscinetti, dunque. Accanto all’evoluzione del prodotto, anche la storia degli strumenti di misurazione e dell’evoluzione del tornio, macchina conosciuta sin dall’antichità e strumento indispensabile per la realizzazione della maggior parte degli oggetti di uso quotidiano a volerci rammentare che un prodotto non è eccellente se non lo sono anche le macchine che lo hanno creato. E per costruire macchine eccellenti ci vogliono altre macchine eccellenti, frutto di tecnologie all’avanguardia. Certo, guardando quei vecchi torni lividi, oppure addentrandosi in quel parco fantastico di fresatrici, strozzatrici, alesatrici e dentatrici sembra difficile apprezzarne il contenuto tecnologico. Eppure, in quelle forme arrotondate che paiono quasi ingenue nella loro stazza «giurassica» è contenuta quell’energia, quella spinta a costruire un prodotto sempre più preciso, sempre più standardizzato fino a diventare di serie.
   Ma c’è di più. Quei marchingegni rievocano anche l’anima del tornitore, dell’operaio che lavorava con la macchina in una simbiosi fisica. Era un rapporto pari. C’era passione, la soddisfazione di aver tirato fuori il pezzo giusto. Ma anche fatica, rischio. Nella sala al piano terreno insieme alle macchine sono esposti i cartelli dedicati alla prevenzione. «Operai ! non oliate trasmissioni in moto. Non portate abiti svolazzanti». Forse rispetto ai programmi di prevenzione di oggi certi moniti fanno sorridere eppure sappiamo che a quell’epoca gli incidenti nelle officine erano davvero terribili. Ma anche questo fa parte della nostra memoria storica e ci dà la misura dei grandi progressi compiuti in parallelo all’evoluzione tecnologica. E a testimoniare questo percorso sono i reparti operativi adiacenti le sale del museo, come ha commentato l’ing. Donato nel suo discorso di apertura: «Se, al termine della visita, uscissimo dalla porta di sicurezza ha fatto notare – ci troveremmo immediatamente proiettati nella realtà operativa di tutti i giorni; e non è detto che in futuro non si possa, pur con tutte le precauzioni del caso, rendere ancora più evidente, più tangibile, il rapporto fra la memoria del passato, che spetta al museo conservare, e la realtà operosa del presente, che la fabbrica testimonia.»
   Eppure nonostante lo stretto rapporto con lo stabilimento, non si tratta di un museo aziendale; una rassegna comunque legittima, di ciò che nel tempo qui è stato prodotto e si continua a produrre. Se il cuscinetto occupa un posto importante nel Museo è anche per il processo che gli da vita, quell’insieme di lavorazioni diverse, che può legittimamente divenire simbolo di quella civiltà meccanica che il Museo intende documentare.
   Decisivo l’incontro di intenti con l’Amma di Torino che, in quanto associazione degli Industriali metalmeccanici ne conserva e rivela un’ingente memoria in un archivio fotografico. Ma l’Amma è, prima di tutto, uno dei partner storici di SKF nel progetto Museo, sin da quando si constatò che la cospicua dotazione tecnica di materiale storico, soprattutto per quanto riguardava gli strumenti di misura e di controllo proveniente dalla SKF, poteva combinarsi con le numerose macchine utensili d’epoca che l’Archivio Storico dell’Amma aveva raccolto nel corso del tempo, per preservarle dalla distruzione, e che sino a quel momento giacevano accatastate in magazzino.
   Un primo progetto scientifico permise di verificare che dall’unione delle due realtà poteva scaturire un’iniziativa di grande interesse. Unica in Piemonte (e fra le pochissime in Italia) perché collocata in un’unità produttiva; storica, ma ancora operante.
   Ottenuto l’appoggio della Comunità Montana Val Chisone, e individuato nel Consorzio per la Formazione Professionale (che aveva preso in carico, oltre alle attività della preesistente Scuola RIV, anche i locali da destinare al Museo per complessivi 1300 mq) l’Ente deputato a gestire l’iniziativa, si attivarono immediatamente le procedure per ottenere finanziamenti regionali.
   In parallelo si costituì un Comitato Esecutivo ristretto concepito come strumento di conservazione della memoria, con il compito di procedere all’organizzazione del Museo. Negli anni avrà il compito di documentare lo sviluppo delle tecniche meccaniche nella loro evoluzione storica, e al tempo stesso di fornire un supporto didattico ad insegnanti e allievi, per comprendere lo sviluppo e l’importanza sociale della tecnologia.
   Del resto, «una politica di orientamento dei giovani all’impresa, e soprattutto all’impresa metalmeccanica, non può non creare un elemento di raccordo fra il mondo dell’industria e della produzione e quello della cultura, intesa nel più ampio significato del termine» ha aggiunto Alberto Peyrani, presidente dell’Amma, commentando l’inaugurazione del Museo.
   E i giovani c’erano. Curiosi, attenti, soprattutto interessati a scoprire se il loro futuro potrebbe iniziare proprio qui.
Alessandra Chiappero