Al via la guerra per i talenti

Cambiamenti demografici e nuovi valori sembrano preludere a una grave carenza di persone di talento. Per sopravvivere e prosperare, le società devono riconsiderare la gestione delle competenze.

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Sintesi

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Bengt Lejsved, senior partner e vice presidente della società di ricerca e selezione personale Heidrick & Struggles International, consiglia di leggere il libro Good to Great di Jim Collins, in cui è dimostrato che le società di successo reclutano solo persone competenti. Collins ha esaminato 6.000 società per individuare le imprese che per anni hanno mostrato un andamento in media con il mercato e che ad un certo punto hanno saputo ottenere risultati superiori alla media e durevoli nel tempo, per un periodo consecutivo di almeno 15 anni. Ebbene, il segreto di queste società non risiede nella tecnologia, nell’innovazione o nella buona sorte, ma nell’aver saputo assumere collaboratori validi e sviluppare le risorse umane esistenti al loro interno.

Cambiamenti demografici e nuovi valori sembrano preludere a una grave carenza di persone di talento. Per sopravvivere e prosperare, le società devono riconsiderare la gestione delle competenze.

La penuria di qualirisorse mina la crescita e il benessere del mondo occidentale? Di petrolio? Di capitali? Sbagliato. Di persone di talento! È l’opinione espressa da Bengt Lejsved, Senior Partner e Vice Presidente della Heidrick & Struggles International, azienda leader nel settore della ricerca di personale altamente qualificato e dei servizi per lo sviluppo della leadership.

L’attuale rallentamento dell’economia ha distolto l’attenzione dal crescente problema della carenza di talenti ma, secondo Lejsved, è necessario che le aziende si pongano di fronte alla questione con mentalità rinnovata: per sopravvivere è fondamentale adottare un approccio di tipo strutturato, finalizzato alla costruzione delle competenze.

“Oggi, le società devono affrontare una grande sfida, quella di saper tutelare le competenze presenti al loro interno. Sfida che sarà ancora più importante domani, quando avrà inizio la guerra per i talenti”, dichiara.

In quest’ottica, la strada da percorre è ancora lunga, almeno secondo quanto emerso dall’indagine svolta nel 2001 dalla McKinsey. Su 410 manager delle 35 principali società americane, solo il 19% dichiara di essere capace a reperire figure professionali qualificate, mentre un misero 8% asserisce di saperle trattenere.

Alla base di questa incombente carenza, comune a molti paesi industrializzati, è la struttura demografica, soggetta ad un imminente, drastico incremento del numero di persone pensionabili. In Svezia, per esempio, le previsioni della Statistics Agency indicano che entro il 2008 sul mercato del lavoro mancheranno 8.000 ingeg­neri, mentre negli Stati Uniti, le proiezioni del Bureau of Labour Statistics danno mancanti circa 10 milioni di lavoratori nel 2010.

“È difficile da immaginare oggi, ma quella che ci indicano le previsioni demografiche sarà la peggiore carenza di personale dei nostri tempi. La generazione dei ‘Baby Boomers’, cioè dei nati tra gli anni ‘50 e ‘60, che costituisce attualmente un’ampia parte della manodopera, è prossima ad uscire dal mercato del lavoro. Saranno 70-75 milioni i lavoratori ad andare in pensione”, sentenzia Jeff Taylor, fondatore di Monster, la più importante rete di ricerca personale on line.

Lejsved sottolinea che le società considerano ancora macchine, capitali e marchi come gli strumenti princi­pali per garantire un vantaggio competitivo. “Ma nei prossimi cinque anni, saranno le persone altamente qualificate ad offrire questo vantaggio. Si dedica ancora troppo tempo alle decisioni sugli investimenti e ancora troppo poco a costruire la competenza.

 

Per Jeff Taylor,nei prossimi dieci anni, il passaggio dalla carenza di competenza alla penuria di personale scatenerà una vera e propria rivoluzione delle persone in cerca di occupazione.

“Le società dovranno tenere conto delle esigenze dei propri dipendenti, i quali si troveranno in posizione di forza. Per fidelizzare le persone di valore, occorrerà trattarle con riguardo. Le imprese impreparate alla realtà che si va profilando nel mercato del lavoro rischiano di veder sfumare opportunità di business”.

Per certi versi, la mancanza di competenza è control­labile mediante l’incremento di produttività e una maggiore automazione, che implica una presenza ridotta di personale. Inoltre, le aziende tendono già a trasferire la produzione verso i mercati emergenti fuori dall’area occidentale. Tuttavia, secondo Bengt Lejsved, è difficile prevedere i risultati di queste azioni, pur essendo convinto che l’immobilismo sia catastrofico.

“Le società non strutturate secondo una cultura di tutela e sviluppo delle figure professionali interne e incapaci di reperire e conservare nuovi soggetti qualificati sono destinate a fallire”, dichiara.

In che modo, dunque, le società possono vincere questa sfida?

“Avendo cura già da ora dei propri dipendenti, per evitare le conseguenze di un’eccessiva rotazione alla ripresa del mercato del lavoro. Per contro, i responsabili del personale, anche se non immediatamente interessati al processo di assunzione, devono saper valutare i candidati in cerca di occupazione e conservarne i curricula per le esigenze future”, sostiene Jeff Taylor.

La ricerca di nuovi talenti da parte delle società non deve limitarsi alla tradizionale area di reclutamento. In proposito, Lejsved cita l’India come fonte di risorse umane nel campo dell’IT, e altri paesi asiatici, dove le competenze avanzate nei settori produttivi e gestionali sono sempre più frequenti.

Lejsved ritiene che le società debbano valorizzare i dipendenti più qualificati, offrendo loro l’opportunità di esprimere il proprio potenziale e suggerisce di facilitare lo scambio di competenze all’interno dell’organizzazione per stimolare ciò che si può definire la “fecondazione trasversale”.

 

Per invogliare un dipendentequalificato a rimanere è indispensabile non ragionare solo in termini di budget: “Perdere le persone competenti è pericoloso; il dipendente può perdere delle opportunità semplicemente perché il settore del personale non sa sfruttarne le capacità”.

La competenza è diventata merce rara anche perché il suo significato in ambito lavorativo si è arricchito ulteriormente: non più solo la capacità di svolgere bene un compito, ma anche le capacità di interagire e di relazionarsi con gli altri , all’interno e all’esterno dell’azienda. È evidente che, per ricoprire posizioni di responsabilità, la capacità relazionale ed emozionale ha assunto pari dignità di quella tecnica.

“Saper comunicare e stimolare le persone è quanto mai importante, proprio perché il personale è più critico di un tempo ed educato secondo una cultura democratica del processo decisionale. Oggigiorno è necessario che il personale condivida la visione aziendale e capisca le relative azioni. Non si può più solo impartire ordini, almeno non nei paesi altamente industrializzati”, sostiene Lejsved.

Che il futuro appaia roseo o dipinto a tinte fosche, dipende dal punto di vista da cui lo si osserva. Se siete un esigente ma dotato professionista, mediamente giovane, sarà vera la prima ipotesi. Ma se siete un direttore del personale, allora vi starete chiedendo se non sia il caso di trattenervi ancora un po’ in ufficio a meditare sulla situazione.