Federico Minoli – Uno sciamano che sogna in rosso

Federico Minoli, Presidente e Amministratore Delegato della Ducati Motor Holding, potrebbe essere il solo sciamano nato a Gallarate.

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Sintesi

NOME: Federico Minoli
DATA DI NASCITA: 2 luglio 1949
FAMIGLIA: moglie e due figli
HOBBY: trekking e vela
ULTIMO LIBRO LETTO: Impresa e classi dirigenti di Pierluigi Celli
VEICOLO PREFERITO: Rigorosamente solo a due ruote!

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Cittadina a 30 chilometri da Milano, Gallarate non è un luogo di nascita comune per un taumaturgo che usa la magia per guarire malattie, predire il futuro e controllare gli eventi.

Federico Minoli, attualmente Presidente e Ammini­stratore Delegato della Ducati Motor Holding, S.p.A., non è un comune taumaturgo: i pazienti da guarire non sono persone, bensì società e le sue qualità divinatorie consistono nell’individuare le risorse nascoste di attività non redditizie.

Alla Ducati, la sua tribù è composta da dipendenti, azionisti e da milioni di appassionati «Ducatisti» di tutto il mondo. Il suo mantra è: «Non ci occupiamo di motociclette, ma di motociclismo ».

Il curriculum scolastico di Minoli è tutt’altro che mistico: terminato il liceo scientifico a Gallarate, nel 1968 si reca all’Università di Pavia, in realtà più interessato alla politica che allo studio.

Il richiamo interiore scatta nel 1967, ai tempi delle superiori.
«Mi si era presentata l’occasione di recarmi a San Francisco nell’ambito di un programma di scambio organizzato dal Lions Club locale», ricorda. «Non mi ero mai spinto così lontano da Gallarate ed è facile immaginare l’impatto che ciò ebbe su di me».

La padronanza della lingua inglese diventa eccellente e la sua identificazione con gli Stati Uniti è tale che, ancora oggi, alla stampa italiana capita di attribuirgli erroneamente la nazionalità americana.Vero è che ha una moglie americana con la quale ha avuto due figli, uno nato negli Stati Uniti e uno in Italia, e che predilige l’abbigliamento casual anche quando è nel suo ufficio, alla Ducati.

La sua conoscenza della lingua e della cultura americana gli vale, nel 1973, appena laureato, un impiego alla Procter & Gamble (P&G) di Roma, dove rimane per tre anni, spesso in viaggio tra l’Italia e gli Stati Uniti. «A ben riflettere, la mia vita è sempre stata così, a cavallo tra questi due paesi, tra posizioni dirigenziali e lavori di consulenza, tra periodi di lavoro e periodi sabbatici».

Il giorno stesso in cui viene nominato product manager alla P&G, in tempo di record se si considera che non è americano, Minoli rassegna le proprie dimissioni. I sei mesi successivi li trascorre vagabondando attraverso gli Stati Uniti, in perfetto stile Jack Kerouac. In seguito riprende a lavorare alla Playtex International, dove trascorre altri cinque anni, in costante peregrinazione tra Italia e Stati Uniti. Quindi un nuovo cambiamento. Sei mesi sabbatici spesi in Sud America e in Africa.

La sfida seguente è quella della «consulenza aziendale» al fianco dell’italiano Gianfilippo Cuneo, stimato esperto in strategie aziendali, all’epoca alla McKinsey. «Ho detestato quel lavoro fin dal primo giorno, non riuscivo proprio a capire la logica della consulenza», ammette Minoli. Dopo soli tre mesi è pronto ad andarsene, ma Cuneo non intende arrendersi. «Improvvisò per me una speciale posizione di consulente esterno in cui mi sarei dovuto occupare dei clienti più difficili, in pratica quelli che nessuno voleva».

Grazie a questa posizione non-convenzionale, a Minoli vengono impartite alcune lezioni di strategia altrettanto poco convenzionali da personaggi del calibro dell’Aga Khan, durante la realizzazione del suo resort in Sardegna, e di Luciano Benetton,un vero e proprio genio del marketing che, secondo le parole di Minoli, raggiunge il successo agendo in modo esattamente opposto a ciò che il comune buon senso suggerirebbe. Ed è a questo punto che la filosofia manageriale di Minoli prende forma.

«Dopo un po’, fare il consulente mi sembrava noioso. Il cervello è continuamente in funzione, ma il cuore, le mani e la passione si atrofizzano. In un’azienda lavori con il cuore e le mani ma non con il cervello; sei ossessionato dalla routine giornaliera e non hai modo di pensare. Desideravo mediare queste due realtà e sviluppare tutte le potenzialità».

L’opportunità di fare ciò si presenta con il settore del private equity e si trasferisce a Boston con la moglie per lavorare alla Bain Consulting, ma era ancora irrequieto. «Sono andato dall’altra parte del corridoio, alla Bain Capital, e ho chiesto: ‘Perchè non utilizzate le mie competenze?’ Ho pensato che i miei interessi potessero essere messi a disposizione dei private equity funds, perché in questo settore occorre possedere capacità analitiche e gestionali».

Non trascura di ammettere che la fortuna è un fattore determinante quando devi invertire la tendenza finanzia­ria di una società. «Oltre ad avere una strategia e ad implementarla velocemente, hai bisogno di fortuna» afferma Minoli.

Infatti, proprio di fortuna si tratta quando entra in contatto con il Texas Pacific Group (TPG), un cliente della Bain Consulting, interessata all’aquisizione di una società italiana, Ducati. Essendo italiano, gli viene affidata la «Due Diligence».

«Quando si assume il controllo di una società, si dispone di una specie di luna di miele di circa 100 giorni per poter dimostrare ciò di cui si è capaci, superata la quale, se non si è raggiunto il successo, si è destinati a fallire», sottolinea Minoli. «E’ stato un vantaggio aver fatto la due diligence, sapevo già cosa c’era da fare. Il mio piano era trasformare la Ducati da azienda metalmeccanica ad azienda dell’intrattenimento, passare cioè dalle motociclette al motociclismo ».

Inizialmente la sfida è stata quella di mettere a lavorare insieme tutti i dipendenti per creare la «nuova Ducati». La prima attività di cui si è occupato è stata la realizzazione del Museo Ducati nella sede della stessa società, progetto al quale dà la priorità assoluta anche rispetto alla riparazione del tetto della fabbrica. «Il messaggio che abbiamo trasmesso è stato chiaro».

Quindi riesce a portare nuova linfa al lavoro dei tecnici, focalizzati sulla qualità, ma distanti dal mercato. Realizza anche un nutrito sito web (www.ducati.com) che ogni anno registra otto milioni di visitatori.

Per assicurarsi che tutti “vedano rosso”, i dipendenti devono imparare ad andare in moto. Ci sono incentivi concessi ai dipendenti per l’acquisto delle moto Ducati e chiunque vada a lavorare con una Ducati, può usufruire del parcheggio riservato indipendentemente dalla sua posizione.

«Adesso siamo una squadra», dichiara Minoli. «Parliamo la stessa lingua. Tutti fanno parte della nostra tribù».

Irrequieto come sempre, Minoli lascia la Ducati nel 2000, dopo quattro anni molto impegnativi, mantenendo la carica di presidente e cedendo quella di amministratore delegato. Ma, in un mercato complessivamente altalenante, anche le prestazioni della società vacillano presto e, nel 2003, il TPG decide di richiamarlo. E così gli utili del primo trimestre 2004 registrano un aumento del 23,4 % rispetto allo stesso periodo del 2003. Non c’è che dire, Minoli non ha perso il suo tocco magico.
«Mi vedo come uno sciamano», afferma, con una convinzione che ha incantato non solo gli appassionati di motociclismo ma anche gli agenti di Wall Street. «Il sogno degli sciamani è fondare delle comunità. La sfida della Ducati è di convertire questa ‘quota di sogni’ – il desiderio di essere parte del Mondo Ducati – in quota di mercato attraverso le vendite dei concessionari».