Jonas Ridderstråle: Collegare i punti

Contenuto correlato

Sintesi

ETÀ: 39
FAMIGLIA: sposato con Åsa, padre di Joel e Siri
RESIDENZA: Lidingö, nei pressi di Stoccolma
HOBBY: arte
LIBRO PREFERITO: Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez
FILM PREFERITO: Forrest Gump

Dalla sua finestra Jonas Ridderstråle non vede un semplice albero, ma un universo di eventi collegati, incarnazione della sua speciale attitudine, che unisce rigore accademico e pensiero immaginativo.

“Chi si appropria di un’idea altrui, è un plagiario. Chi si appropria di tante idee altrui, fa ricerca”. Esordisce così Jonas Ridderstråle, dotato di un talento innato per mettere le cose sotto sopra, inclinazione sulla quale ha costruito la propria carriera.

Provocatore affermato, ha conseguito il Master of Business Administration e il dottorato in economia e amministrazione aziendale presso la Stockholm School of Economics, dove ha diretto per molti anni l’Advanced Management Programme.

Oggi ha dismesso gli abiti accademici, ma non ha abiurato la disciplina universitaria. Continua a svolgere ricerche, a scrivere, a offrire consulenze, a tenere conferenze ed è considerato uno dei massimi esponenti della nuova generazione di guru europei. Nella classifica Thinkers 50, che annovera i migliori “management thinker” di tutto il mondo, Ridderstråle è al nono
posto.

Per Ridderstråle, disciplina accademica significa
conoscere bene le tendenze societarie. Il suo ufficio è costellato di post-it che recano le osservazioni e le
informazioni che desidera conservare. Dice di averne circa 1.500 ammucchiati disordinatamente.

“Dovrò cercare di dare un senso a tutto questo. È il processo di collegare i punti, che è un po’ come comporre un enorme puzzle”.

“Funky Business. Il talento fa ballare il capitale” (titolo originale Funky Business: Talent Makes Capital Dance), è il secondo libro di Ridderstråle, scritto insieme a Kjell Nordström (un collega altrettanto pittoresco), che è diventato un bestseller tradotto in 25 lingue. Un critico lo ha definito “la bibbia della moderna filosofia del business”. Anche il suo seguito, “Karaoke Capitalism: Managing for Mankind”, pubblicato nel 2004, ha ottenuto analogo successo.

Entrambi caratterizzati da un tratto provocatorio, i libri abbracciano una nuova concezione del mondo del business. Nel primo, gli autori sostengono che il talento, inteso come espressione del capitale umano, costituisce la condizione del successo nel mondo imprenditoriale, mentre il secondo è una sorta di resoconto della realtà odierna, nel quale si profila l’idea che imprese, marchi e persone tendano a emularsi le une con gli altri, ma nessuno di loro è autentico, originale, come avviene nel gioco del karaoke.

“In un mondo dominato dal capitalismo karaoke, ridondante di copie sbiadite dell’originale, non c’è che un modo per raggiungere il successo: essere autentici al 100%”, sentenzia Ridderstråle, il quale preferisce indossare un abito nero di Armani all’ultima moda, piuttosto che l’abito classico. La testa rasata, sfoggia un paio di occhiali con montatura di metallo e porta anelli d’argento. Parla un inglese americano.

In “Karaoke Capitalism”, gli autori passano in rassegna numerose riviste – Fast Company Magazine, Fortune, Business Week, Science, The Industry Standard e altre
(nell’appendice ne sono elencate circa 500) – per convincere i lettori che le cose, in realtà, non sono come appaiono. Il messaggio chiave è: oggi, per avere successo professionalmente bisogna avere il coraggio di essere diversi.

Il libro è pieno zeppo di citazioni, come quella del giornalista svedese Mats Olsson della rivista Expressen, che esemplifica i paradossi che caratterizzano lo stato attuale del mondo:

“Considerate solo alcuni segnali del nostro tempo: il miglior rapper è un bianco; il miglior golfista è un nero; la Francia accusa gli Stati Uniti di essere arroganti; la Danimarca invia un minisommergibile per la guerra nel deserto”.

Nella prefazione, Ridderstråle e Nordström proclamano le loro intenzioni: “accompagnare il lettore in un viaggio attraverso i bassifondi del mondo degli affari e della società fino alle galassie dell’ispirazione commerciale”.

Per essere un guru, Ridderstråle deve essere un avido consumatore di cultura popolare. Nei suoi libri cita tanto la letteratura in materia gestionale e le riviste specializzate, quanto gli intrattenitori, le riviste femminili, i filosofi e i religiosi. Non tralascia proprio niente e nessuno.

Nel numero di settembre 2005 della rivista CEO, Ridderstråle viene definito un personaggio che si distingue, un guru atipico: “Il tipico guru del business è un accademico americano, dall’abito scialbo, che scorre velocemente una trita presentazione e incassa il suo assegno prima di partire per l’aeroporto. Ridderstråle è svedese, insolente e ha la testa rasata. Le sue sono serate, non seminari”.

Dopo il successo degli ultimi due libri e le conferenze che lo vedono occupato in giro per il mondo, Ridderstråle non ha ancora deciso di cosa si occuperà in futuro, ma si riesce quasi a percepire il suo cervello in movimento.

“Non so quale sarà la prossima cosa importante”, afferma Ridderstråle, che al momento raccoglie appunti su post-it circa il rapporto che intercorre tra religione e gestione aziendale. “Tutte le religioni del mondo cercano di vendere cose che pochi hanno visto, quindi vorrei individuare gli elementi che accomunano religione e cultura societaria per articolare le similitudini”.

Un altro interesse di Ridderstråle è la psicologia. “Nel passato, la gestione aziendale veniva definita come l’arte di sradicare la devianza, in particolare la devianza negativa. Forse, in futuro, la stessa sarà ridefinita come l’arte di impiegare la devianza positiva, alla quale, dopo tutto, dobbiamo presenze come la Microsoft e Oprah Winfrey”.