Parola d’ordine: Genio e sudore

Le idee geniali non folgorano la mente all’improvviso, ma sono frutto di lavoro, lavoro e ancora lavoro.Thomas Alva Edison, uno dei più grandi inventori della storia, soleva dire: «Il genio è per l’1 percento ispirazione e per il 99 percento traspirazione», e parlava a ragion veduta. Edison ottenne 1.093 brevetti statunitensi, più di quanti ne siano mai stati conferiti ad un solo individuo. Ma le sue invenzioni rivoluzionarie, quali la lampadina elettrica, non sono frutto di un’idea geniale apparsa preconfezionata nella sua mente, ma sono il risultato di anni di miglioramenti apportati ad un’idea già vecchia di cinquant’anni. La fama e la fortuna conquistate da Edison sono il frutto di anni di lungo ed estenuante lavoro.

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Le idee geniali non folgorano la mente all’improvviso, ma sono frutto di lavoro, lavoro e ancora lavoro.Thomas Alva Edison, uno dei più grandi inventori della storia, soleva dire: «Il genio è per l’1 percento ispirazione e per il 99 percento traspirazione», e parlava a ragion veduta. Edison ottenne 1.093 brevetti statunitensi, più di quanti ne siano mai stati conferiti ad un solo individuo. Ma le sue invenzioni rivoluzionarie, quali la lampadina elettrica, non sono frutto di un’idea geniale apparsa preconfezionata nella sua mente, ma sono il risultato di anni di miglioramenti apportati ad un’idea già vecchia di cinquant’anni. La fama e la fortuna conquistate da Edison sono il frutto di anni di lungo ed estenuante lavoro.

Anche James Watt, l’ingegnere scozzese che inventò la macchina a vapore, conosceva bene la fatica. Fabbricante di strumenti di precisione, nel 1763 ebbe l’opportunità di riparare un motore di Newcomen, il primo a vapore. Watt realizzò che il rendimento di questo motore poteva essere alquanto migliorato mediante il raffreddamento del vapore utilizzato in un condensatore separato dal cilindro principale. Ma ci vollero due anni di studi approfonditi e prove prima di poter lanciare un esperimento su vasta scala a conferma della sua teoria. Una volta provata la validità, per avviare la produzione in serie occorrevano i capitali ma, fatto comune a molti altri inventori, sebbene avesse avuto l’idea, Watt mancava dei fondi necessari.

La genialità da sola non bastò neanche a Orville e Wilbur Wright, i fratelli americani che portarono in volo il primo aeroplano all’inizio del 1900. Dedicarono molto tempo ad approfondire gli studi precedentemente condotti da altri per capire i motivi dei vari fallimenti e, dopo anni di metodici esperimenti eseguiti su ogni singolo componente, furono convinti che il loro aeroplano avrebbe finalmente volato.

A questi famosi inventori scattò sicuramente la scintilla geniale ma, più importante, essi seppero lavorare instancabilmente, con tenacia e pazienza, affinché le loro intuizioni potessero concretizzarsi. Rispetto agli ultimi due secoli, poco è cambiato a questo riguardo nel processo di innovazione o invenzione. È difficile che un inventore s’imbatta in uno strepitoso successo unicamente per un colpo di genio. Più facilmente, egli avrà dovuto mettere in campo ulteriori competenze o reperire figure in grado di colmare le eventuali lacune finanziarie o cognitive.

«Capita molto raramente che un inventore sia improvvisamente colpito da un’idea straordinaria, come avviene nell’immaginario collettivo al genio isolato nella sua torre d’avorio. In realtà, dietro a ogni idea si cela sempre un duro lavoro», dichiara Christer Asplund, presidente della Swedish Inventors Association, la più antica associazione di inventori del mondo.

Neanche Edison, che raggiunse la celebrità già tra i suoi contemporanei, ebbe mai quei momenti «geniali» in cui le soluzioni arrivano già fatte e finite, pronte per essere vendute, come sostiene Jim Quinn, writer-in-residence presso la National Inventors Hall di Fame in Ohio, negli USA.

«A dire il vero, Edison cominciò a vantarsi di aver inventato un sistema elettrico di illuminazione ben prima di aver effettivamente cominciato a lavorare al progetto», afferma Quinn, che sta scrivendo un saggio su Edison in occasione del 125° anniversario dell’invenzione della lampadina elettrica, che si celebra nel 2004.

«Quando iniziò a dedicarsi veramente al progetto, dovette risolvere problemi tecnici molto specifici. C’erano persone che lavoravano con lui anche 12, 16 ore al giorno, esaminando ogni minimo dettaglio, e il numero dei collaboratori era destinato ad aumentare. Dovette inventare fusibili e portalampade, dispositivi per mantenere costante la tensione, nonché una rete sotterranea di conduttori e molto altro ancora. Edison merita di essere celebrato come il primo inventore veramente moderno, che seppe unire nel primo centro di ricerca le competenze di meccanici, elettricisti, scienziati e specialisti di vario genere. È grazie all’impegno di questi uomini che fu possibile dipanare la matassa».

La necessità di questa perseveranza e dell’impegno collettivo è tutt’ora valida, sebbene l’evoluzione tecnologica, basti pensare a Internet, abbia reso agli inventori la vita un po’ più facile.

«Non si corre più il rischio di reinventare la ruota: con Internet si può sapere, facilmente e senza costi, quali sono le invenzioni nel proprio settore di competenza in tutto il mondo, evitando di sviluppare qualcosa di già esistente», è quanto afferma Farag Moussa, presidente dell’International Federation of Inventors Associations (IFIA), la quale ha lanciato il sito www.1000inventions.com per la commercializzazione delle invenzioni.

La commercializzazione delle grandi invenzioni rimane difficile oggi come lo fu ai tempi di James Watt, il quale non riuscì a produrre la sua macchina a vapore finché non incontrò il suo futuro socio, Matthew Boulton, nel 1768. La società permise a Watt di concentrare la sua fertile mente sui miglioramenti da apportare al motore, mentre Boulton pensava agli aspetti commerciali.

Gli inventori moderni hanno affinato le tecniche per conquistare il mercato. Lawrence Udell, direttore esecutivo del California Invention Center, negli Stati Uniti, e mentore di inventori negli ultimi 50 anni, cita come esempio il caso di James Fergason, l’inventore del display a cristalli liquidi (nematic liquid crystal twist cell), meglio noto come LCD, che ha aperto la strada agli schermi piatti di computer portatili e televisori.

Per Udell, Fergason ha raggiunto la fama grazie a una caratteristica comune a molti inventori di successo, vale a dire il non essere mai completamente soddisfatto della propria creazione, ma lavorare continuamente al suo perfezionamento.

 «Il segreto del successo di Fergason consiste nell’aver continuato a creare partendo dalle invenzioni precedenti», sostiene Udell. «Oggi detiene 150 brevetti statunitensi e 500 stranieri. Il suo pensiero è stato: «Se questa idea è così valida, altri ci lavoreranno per migliorarla, e allora perché non farlo io stesso?». Non si è seduto sugli allori e ha continuato a progredire».

Anche Jim Quinn è d’accordo: «Se vuoi inventare qualcosa e ottenere stima e denaro, devi lavorare sodo. A parte alcune eccezioni, gli inventori sono capaci di entusiasmarsi al tal punto per un’idea da lavorarci costantemente, tutti i giorni, per anni».

L’abilità inventiva è ben viva e presente nel mondo attuale, come ci racconta Udell, che è il fondatore di oltre 20 società. «Le idee nascono dappertutto. Alla vista di un nuovo prodotto pensiamo già di poterlo migliorare e ciò stimola la creatività. Per gli inventori, gli stimoli attuali sono praticamente illimitati, in parte grazie alla dimensione globale dell’economia e al flusso dei capitali di rischio, impensabili nel secolo scorso».

Immaginate che impero avrebbero costruito Thomas Edison, James Watt, Orville e Wilbur Wright in un tale scenario.