Per tutto il tè della Cina

Tre secoli fa, il commercio con la Cina generò ricchezza e trasformò la società in Europa.Il XVIII secolo è noto come l’età d’oro del commercio con la Cina. A quell’epoca, Europa e Cina godevano della più grande espansione nella storia del commercio.

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Sintesi

Il commercio con la Cina nel Settecento trasformò il modo di vivere delle classi agiate europee, dice Gösta Öborn, funzionario del museo della Città di Göteborg (Svezia). «I ricchi ottenevano seta e vestiti nuovi e potevano sfoggiare porcellane e mobili», dice Öborn. Molti oggetti importati dalla Cina nel XVIII secolo fanno oggi parte della collezione permanente del museo.

Uno degli esempi più significativi del fascino esercitato dalla Cina nel Settecento è il padiglione cinese di Drottningholm, un’isola vicina a Stoccolma. Il padiglione, un dono fatto dal re Adolfo Federico di Svezia alla consorte Lovisa Ulrika, è pieno di porcellane e mobili cinesi e decorato interamente con motivi cinesi. Un altro esempio del fascino dell’Oriente e della visione idilliaca, seppure un po’ utopica, della Cina è il padiglione di Brighton, fatto edificare dal re Giorgio IV d’Inghilterra.

Tre secoli fa, il commercio con la Cina generò ricchezza e trasformò la società in Europa.Il XVIII secolo è noto come l’età d’oro del commercio con la Cina. A quell’epoca, Europa e Cina godevano della più grande espansione nella storia del commercio.

Già nel Seicento i mercanti portoghesi, olandesi e inglesi, con le loro robuste navi, percorrevano la rotta delle Indie orientali per commerciare con la Cina. Successivamente arrivarono i commercianti di paesi come Danimarca, Austria o Svezia. Gli scambi commerciali diretti erano possibili grazie all’eliminazione delle restrizioni commerciali da parte del governo cinese dei Qing nel 1684. Il commercio era concentrato nel porto di Canton, nella Cina sudorientale. Sul finire del Settecento erano ben 70 le navi che raggiungevano Canton durante una sola stagione commerciale. Inoltre, il volume e la capienza delle navi mercantili erano notevolmente aumentati.

La Svenska Ostindiska Companiet (Compagnia Svedese delle Indie Orientali) ebbe un impatto significativo sul commercio europeo e cinese nel Settecento. Essa fu fondata da tre europei: Hendrich König, cittadino svedese di origini tedesche, Colin Campbell, nobiluomo scozzese che aveva fatto esperienza nella marina britannica e nella compagnia austriaca di Ostenda, e Niclas Sahlgren, figlio di un ricco commerciante di Göteborg. La Compagnia ottenne la sua prima autorizzazione commerciale, una sorta di monopolio della durata di 15 anni, nel 1731. Le autorizzazioni successive erano valide 20 anni ed i viaggi in Cina continuarono fino al 1806.

Nel corso della sua storia, la Svenska Ostindiska Companiet compì in tutto 132 spedizioni con 37 navi. Il principale obiettivo di questi viaggi era il commercio del tè. Nel Settecento, tra gli europei delle classi agiate era di gran moda bere il tè e la domanda era quindi notevole. Molto ricercati erano anche altri prodotti cinesi come porcellane, sete, spezie, lacca, ceramiche, mobili ed oggetti ornamentali. Assieme, questi prodotti di lusso divennero uno status symbol per la classe dominante, che prese l’abitudine di bere tè in tazze di porcellana fine cinese e di arredare la casa con oggetti importati dalla Cina. Le cineserie, mobili e decorazioni di ispirazione cinese, erano molto apprezzate tra gli abbienti.

Capacità competitiva
Esportando a sua volta ad altri paesi europei, la Svenska Ostindiska Companiet poteva ottenere profitti superiori al 100%. La sua capacità competitiva stava nel fatto che la Svezia poteva offrire molti prodotti e materie prime: ferro, legname, armi da fuoco, corde e così via. Questi prodotti venivano venduti a Cadice in cambio di argento con cui poi si acquistavano prodotti cinesi.

Quando le navi mercantili ritornavano dalla Cina, il carico veniva venduto all’asta a commercianti di altri paesi europei presso la sede della compagnia a Göteborg. Col passare del tempo, però, una quantità sempre maggiore di questi prodotti restava in Svezia. Dopo le prime due autorizzazioni, la compagnia cominciò ad avere difficoltà finanziarie a causa della crescente concorrenza e la fine dell’epoca d’oro del commercio tra Cina e Svezia coincise con il suo scioglimento nel 1813.

Nonostante la vita relativamente breve della Svenska Ostindiska Companiet, il suo ruolo nella storia del commercio sino-europeo fu importante. Secondo Bengt Johansson, esperto del Direttorato generale del commercio della Commissione Europea e già console svedese a Shanghai, ai tempi della sua attività, la Compagnia era al terzo posto in ordine di fatturato tra le aziende europee che commerciavano con la Cina.

Il notevole volume del commercio svedese-cinese e le buone relazioni tra i due paesi contribuirono all’assenza di opposizioni da parte cinese nei confronti di questo commercio, spiega Johansson, il quale è anche stato direttore del Consiglio svedese del commercio a Taipei, console presso il Consolato generale svedese di Hong Kong e ministro presso l’ambasciata svedese a Pechino. «Noi non abbiamo mai partecipato alla colonizzazione dell’Asia», dice Johansson. «La maggior parte dei paesi europei ha fondato colonie in India, Malacca e Africa, mentre noi siamo riusciti a commerciare senza creare colonie». Ciò è stato difficile, spiega Johansson, perché a volte le navi dovevano percorrere l’intera rotta senza soste e la penuria di acqua potabile costituiva chiaramente uno svantaggio.

Nel complesso, però, questo commercio fu un’esperienza positiva. «Ha portato benessere alla Cina ed alla Svezia», dice Johansson. «Inoltre abbiamo imparato a conoscere l’Asia, le tradizioni asiatiche, i prodotti cinesi ed il pensiero cinese».

Documenti perduti
Durante la sua lunga carriera in Cina, Johansson ha avuto la possibilità di lavorare assieme agli storici della Zhongshan University di Guangzhou (già Canton). Johansson ha dovuto lamentare una carenza di documenti storici in Cina a proposito del commercio con l’Europa, perché la maggior parte degli archivi veniva distrutta dopo che il relativo viaggio era giunto a termine. Inoltre, gran parte dei documenti ufficiali cinesi venne trasportata a Taiwan alla fine degli anni Quaranta, a causa della guerra civile. Gli storici cinesi hanno sottolineato che i mercanti Hong, commercianti privati che avevano l’autorizzazione imperiale a trattare con gli stranieri, erano di grande importanza per i cinesi.

«Da parte cinese, i contatti avvenivano soprattutto tra questi mercanti Hong di Canton ed i principali funzionari doganali della Cina imperiale», racconta Johansson. «Il governo imperiale guadagnava cifre enormi, estorcendole ai mercanti attivi in questo commercio. Questo sistema può apparire strano. Come è possibile che Svezia e Cina potessero commerciare tra loro se non esistevano relazioni diplomatiche ufficiali? Comunque, fino al 1805 tutto funzionò benissimo. Per questa ragione mi sembra che questo sia uno dei migliori esempi di commercio tra pari».

Mentre l’Europa traeva beneficio dal contatto con la cultura ed i prodotti di lusso cinesi, l’espansione aprì gli occhi dei Cinesi sul mondo europeo. Per esempio, sottolinea Johansson, il governo imperiale cinese non aveva la più pallida idea di come fosse l’Europa o di quali paesi ne facessero parte. Gli studiosi non conoscevano affatto le materie di studio degli scienziati e del clero in Europa. Queste vaghe idee sulle differenze tra paesi predominarono finché i mercanti Hong non visitarono l’Europa, attorno al 1750. Quindi, lo scambio di idee dovuto al commercio promosse il sapere per entrambe le parti.

Guardando alle relazioni commerciali tra Cina ed Europa oggi ed a quelle che potranno essere in futuro, Johansson dice che la Cina sta assorbendo con successo capacità industriale da tutto il mondo, mentre le importazioni da parte europea continueranno ad aumentare. L’Unione Europea, che ha un deficit di circa 45 miliardi di euro verso la Cina, non intende limitare le importazioni da tale paese. «Ma è difficile», commenta Johansson. «Siamo sottoposti a pressione da parte di molte industrie».

Jörgen Gabrielson, direttore dell’attuale Svenska Ostindiska Companiet, un’impresa che sta costruendo una copia della nave mercantile East Indiaman Götheborg I con cui raggiungere la Cina nel 2004, spera che questo progetto servirà ad avvicinare tra loro il popolo ed il mondo commerciale svedese e cinese grazie a scambi e comunicazioni. Il suo obiettivo è non solo promuovere il business svedese in Cina ed in altri paesi che la nave visiterà nel corso del viaggio. «Per fare come nel Settecento, intendiamo ritornare portando con noi prodotti cinesi», dice Gabrielson. «Vogliamo che le aziende cinesi, che vogliono partecipare e fare affari con i paesi europei, abbiano un ruolo importante nel mercato comune europeo. Questo è molto importante perché quest’ultimo non può che essere di grande utilità per la Cina. Con questo progetto penso che potremo lavorare in entrambi i sensi».