Prospettive economiche: Consumatori consapevoli

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In un mondo ridondante di informazioni, i consumatori sono sempre più consapevoli e talvolta suggeriscono alle aziende cosa produrre. E, per essere competitivi, i produttori prendono nota.

La pirateria musicale e cinematografica via Internet mette l’utente privo di scrupoli in condizioni di ascoltare e guardare tutto ciò che desidera, dove e quando preferisce.

La diretta conseguenza è una diminuzione com­-p­­lessiva delle presenze nelle sale cinematografiche e delle vendite di CD, che mina seriamente il settore della distribuzione. Il nuovo rapporto che si viene a creare tra produttore e consumatore, noto come fenomeno “push-pull”, sta rivoluzionando in pratica tutti i settori industriali.

Nel mondo della pubblicità e del marketing, ad esempio, la costosa pubblicità televisiva e affissionale non è più il mezzo di elezione con cui conquistare il pubblico. La Forrester Research, un’importante società americana di ricerca, stima che nel 2005 il 50% dei consumatori sia stato influenzato più dalle esperienze dirette di utilizzo e dai cosiddetti “consumer generated media”, cioè dalle informazioni create dai consumatori su prodotti e servizi, che non dalla propaganda radiotelevisiva.

La massiccia disponibilità di informazioni fa sì che gli utenti reperiscano da soli i messaggi di loro interesse –attraverso Internet con strumenti quali message board, siti, podcast, blog o, semplicemente, mediante il passaparola. Gli esperti consigliano alle aziende di non osteggiare questi nuovi mezzi come fecero alcuni anni fa le case discografiche nei confronti del servizio di file sharing Napster. L’azione legale ebbe infatti il risultato di chiudere Napster, il quale fu però rimpiazzato da altri analoghi servizi gratuiti.

“I consumatori più esperti anelano ad ottenere informazioni sempre più approfondite: dove reperire il miglior prodotto, quello più economico, il più alla moda, e via di questo passo. L’informazione istantanea ci appare gratificante”, commenta Reinar Evers, fondatore di trendwatching.com, un’agenzia di ricerche specializzata nell’analisi dei trend di consumo che si avvale di un network globale di ottomila collaboratori dislocati in tutto il mondo.

I segnali di cambiamento più recenti colti da trend­-watching.com indicano come la tecnologia dell’informazione stia modificando le nostre abitudini in termini di acquisto dei prodotti, relativa fruizione e scambio di informazioni. I vari trend sono identificati con neologismi quali massclusivity, minipreneurs e tryvertising e dettagliatamente spiegati sul sito.

“Il desiderio di informazioni è insaziabile e presto si sposterà dal mondo on line a quello reale per ottenere l’ubiquità”, constata Evers. “È l’avvento della conoscenza a portata di mano”.

In altre parole, il consumatore tipo è ormai maturo e consapevole al punto che, talvolta, impone alle aziende le proprie aspettative sui prodotti.

Il New York Times del 18 giugno 2006 ha pubblic­a­to un articolo sul designer John Fluevog, creatore di particolari calzature dai colori vivaci, scelte anche dalle star del cinema. Fluevog ha inserito nel proprio sito, fluevog.com, una sezione dal titolo Open-source footwear in cui i possessori di scarpe griffate Fluevog possono inviare modelli di loro creazione, i più interessanti dei quali vengono messi in produzione.

Nell’articolo si cita anche Eric von Hippel, capo del gruppo di innovazione e imprenditoria alla MIT Sloane School of Management, presso il Massachu­-setts Institute of Technology, il quale studia gli effetti di quella che definisce “innovazione guidata dall’utente” su vari tipi di industrie, da quella degli equipaggiamenti per sport estremi a quella delle apparecchiature medicali.

Von Hippel sostiene che, complice il diffondersi della comunicazione via Internet, gli utenti di un particolare prodotto spesso possono sviluppare un’innovazione prima di quanto riesca a fare il costruttore. Per emergere in questo mercato a rapida evoluzione, le case produttrici devono porre attenzione proprio a questi utenti ed invitarli a fare parte del processo di progettazione.

“Per gli utenti diventa sempre più economico innovare per proprio conto”, commenta von Hippel. “Non è la classica ricerca di mercato in cui si domanda ai consumatori cosa desiderano. Qui si tratta di individuare ciò che gli utenti più esperti stanno già facendo e di capire il valore delle loro innovazioni nel futuro delle attività aziendali”.

Ma prestare attenzione ai consumatori più avveduti non basta. La Jones Soda di Seattle, società in rapida crescita produttrice di bibite analcoliche, quali Blue Bubblegum e Fufu Berry, ha pensato di coinvolgere la clientela nello sviluppo del marchio.

Le etichette delle sue bottiglie, infatti, sfoggiano una selezione di foto in bianco e nero inviate dai consumatori al sito jonessoda.com e scelte in base ai voti ricevuti. L’iniziativa ha ottenuto una risposta tale che l’azienda ha lanciato un business parallelo, dove ora registra i profitti migliori: un servizio di ordini per casse da 12 bibite con etichette personalizzate. Forse un prezioso esempio per le altre società.

Come considerare la Jones: un produttore di bibite? Una internet company? O, forse, un social network? “Siamo tutto questo”, spiega Peter van Stolk, fondatore e chief executive della Jones Soda. “Il nostro obiettivo è creare molteplici opportunità attraverso le quali i clienti percepiscano come loro il marchio.”

Ogni medaglia, però, ha il suo rovescio. Secondo una ricerca del 2005 di Intelliseek, società di marketing intelligence con sede a Cincinnati, Ohio, USA, che annovera clienti del calibro di Nokia, Microsoft, Sony e Toyota, in questo nuovo contesto le società attuano la strategia del cosiddetto “shill marketing”, o buzz artificiale, in cui i consumatori sono pagati per consigliare determinati prodotti o marchi, ma si tratta solo di una tattica di guerriglia.

Lo studio ha evidenziato che un terzo dei consumatori sarebbe fortemente deluso nello scoprire che un amico, ritenuto un contatto di fiducia, è in realtà pagato per dargli determinati consigli; il 26% sostiene che non crederebbe mai più alle opinioni di quell’amico, mentre il 30% afferma di essere meno propenso a comprare quel prodotto o servizio in futuro.

Il Chief Marketing Officer di Intelliseek, Pete Blackshaw, ha dichiarato sul sito intelliseek.com: “La fiducia è la moneta di una pubblicità efficace, ma è molto fragile”.