Regina della comunicazione

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Sintesi

Età: 57
Residenza: Leeds,
Inghilterra settentrionale
Tempo libero: ama compiere lunghe e impegnative camminate, i libri, la musica e il cibo
Piatto preferito: “Un piatto di pasta al pomodoro e basilico, mangiato a Roma. La cottura era perfetta e il sapore semplicemente squisito. In più, non avevo speso molto”.
Mezzo di comunicazione preferito: “Non guardo molto la TV, ma mi piace la radio e scarico sempre una gran quantità di brani sul mio vecchio iPod, naturalmente da Internet. E mi piace il cinema”.
Regola d’oro della comunicazione: “‘Ogni nostra azione comunica qualcosa’. Semplice, ma fondamentale”.


Anne Gregory, direttrice del principale istituto universitario europeo di Pubbliche Relazioni, spiega cosa rende il suo macellaio un modello esemplare di comunicazione.

Per gestire efficacemente le attività di pubbliche relazioni occorre seguire tre regole essenziali: dire la verità, riferire i fatti in modo accurato e mantenere i contatti con il top management.

L’enunciazione di tali principi, riportati in tutti i manuali di comunicazione, è attribuita a un pioniere dell’ufficio stampa, l’americano Ivy Ledbetter Lee, che un secolo fa annoverava tra i propri clienti personaggi del calibro del magnate del petrolio John D. Rockefeller.

Da allora la società si è trasformata, passando da un modello industriale a uno basato sull’informazione. Anche nelle tecniche di comunicazione sono intervenuti innumerevoli cambiamenti, sebbene l’attività di PR abbia mantenuto alcune delle sue caratteristiche salienti, espresse da un’attitudine di tipo pratico, più vicina al mondo artigianale che a quello accademico (ovviamente con un diverso codice di abbigliamento!).

L’evoluzione continua e l’esperta di comunicazione d’impresa Anne Gregory svolge un ruolo tutt’altro che secondario.

Entrata in questo settore negli anni ottanta, a seguito di un incarico come giornalista per la BBC Radio, la Gregory dodici anni dopo passa al mondo accademico, dove fonda il Public Relations Group presso l’Università di Leeds, destinato a diventare il più grande, nonché uno dei più autorevoli, centro di studi sulle pubbliche relazioni in Europa.

Oggi è una delle studiose più acclamate, nonché autrice di numerosi saggi sull’argomento. La passione per questo settore, noto per il cinismo di non poche persone, non è mai venuta meno.

“È un privilegio occuparsi di qualcosa che ci definisce in quanto esseri umani”, dichiara Gregory, parlando della comunicazione e di come viene oggi attuata dalle imprese.

Com’è cambiato il ruolo della comunicazione d’impresa negli ultimi dieci anni?

“È cambiata la natura delle organizzazioni, che sono passate da una realtà caratterizzata dal valore egemonico degli azionisti – praticamente gli unici verso i quali l’impresa si assumeva delle responsabilità – a una in cui prevalgono gli interessi degli stakeholder. Le imprese sono sempre più connotate dal loro modo di fare comunicazione e finiscono per essere ciò che comunicano. Tutto comunica, dal tipo di sede al modo in cui il personale risponde al telefono, dalla gestione dei clienti e del servizio reclami fino al modo in cui i dipendenti sono soliti esprimersi e vestirsi.

Ricordo una frase pronunciata da un CEO che incontrai qualche tempo fa: ‘Una volta erano le sedute degli analisti finanziari di Londra a mettermi alla prova, ma avevo tre mesi di tempo per prepararmi, poiché quella era la scadenza dell’esercizio finanziario. Oggi, a sfidarmi in ogni momento e su qualsiasi argomento è un giovane brufoloso che parla dalla sua camera da letto’”.

La maggior parte delle organizzazioni vanta un’assoluta trasparenza nella comunicazione, ma fino a che punto esse agiscono coerentemente?

“Le imprese sono state obbligate a ripensare alla comunicazione. Prendiamo la BP, che oggi si trova a dover fronteggiare enormi responsabilità nei confronti di individui e gruppi sociali, i quali nutrono forti interessi e non possono rimanere inascoltati. In passato questo non succedeva”.

Come si è comportata la BP nel disastro del Golfo del Messico?

“Sotto molti aspetti la BP ha agito nel modo corretto. Non si sono mai lamentati dell’esborso economico e hanno cercato soluzioni, facendo tutto ciò che era possibile. Penso però che per essere bravi comunicatori occorra avere la capacità di capire il contesto. In questo momento, per esempio, esiste una reale capacità di comprendere la politica in America? È un fatto che le elezioni di medio termine si stiano avvicinando. Esiste una reale capacità di capire la cultura delle piccole comunità di pescatori che vivono lungo le coste del Golfo del Messico? L’azienda pare non aver capito la realtà lavorativa di queste comunità, né come sfruttare la loro conoscenza. Sarebbe stato utile chiedere aiuto proprio a quelle persone, che l’ambiente lo conoscono, così da garantirsi il loro coinvolgimento nel trovare soluzioni!”.

Può farci un esempio di quella che ritiene essere una strategia di comunicazione efficace?

“Il mio macellaio è il miglior comunicatore che io conosca. Sa gestire il suo negozio e conosce ogni cliente per nome. Entrando, si avverte un’immediata sintonia. Mi ha sempre venduto della carne ottima. Si dimostra interessato, trova sempre il tempo per fare due chiacchiere e vive secondo i suoi valori morali. Attua una politica di responsabilità sociale facendo pagare ai clienti un extra di 50 centesimi in cambio di un pacchetto di ossa per il cane. Ogni anno raccoglie così un mucchio di soldi da devolvere in beneficenza, che, invece, avrebbe potuto tranquillamente mettersi in tasca. Mi sembra un esempio calzante di come potrebbero andare le cose nelle aziende. Vivere secondo i propri valori, conoscere e dare importanza agli stakeholder, agire in maniera socialmente sostenibile”.

Lei condivide con molti professionisti di PR un passato come giornalista. Com’è cambiato il rapporto tra giornalismo e pubbliche relazioni negli ultimi decenni?

“Sono preoccupata per il giornalismo. L’ago della bilancia pende a favore della comunicazione d’impresa, perché è dove si concentrano tutte le risorse. Sui giornali si leggono per lo più brevi comunicati stampa senza commenti, ma questo non dovrebbe essere il ruolo della stampa. Credo che il compito dei giornalisti sia quello di indurre le imprese a rispondere del loro operato, ma sono stati privati delle risorse per farlo. Mi preoccupa che finiscano per essere semplici raccoglitori di notizie e ritengo che non sia giusto. Gli addetti del settore dovrebbero indire una campagna a favore del giornalismo di qualità, che è imprescindibile in una società democratica”.

Esiste un’etica nelle pubbliche relazioni?

“Mi piace pensarlo. Ed è certamente ciò che insegno, dato che un’impresa viene giudicata in base alla reputazione e ai suoi valori. La mancanza d’integrità non paga ed è sostanzialmente sbagliato ingannare le persone. Soprattutto non è ciò a cui dovrebbe ambire questa attività”.