Richard Florida – La città organica

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Sintesi

ETÀ: 51
RESIDENZA: attualmente a Toronto, in Canada, ma è nato e cresciuto negli Stati Uniti, in New Jersey
FAMIGLIA: sposato con Rana
INTERESSI: leggere, fare ricerche, scrivere
FILM PREFERITO: a pari merito, Il Padrino e Apocalypse Now
LIBRO PREFERITO: Trilogia U.S.A. di John Dos Passos

Richard Florida, considerato uno dei più autorevoli pensatori dei nostri tempi, tratta temi che spaziano dalla creatività all’importanza del luogo in cui vivere, dallo sviluppo regionale alla competitività economica.

Secondo il ricercatore americano Richard Florida, la città di Pittsburgh, in Pennsylvania, era il luogo ideale in cui vivere e lavorare quando vi si trasferì da giovane, gaudente universitario, nel 1987. Sebbene avesse sofferto di una grave crisi occupazionale a seguito del crollo dell’industria dell’acciaio per cui era rinomata nel mondo, Pittsburgh si trovò nel mezzo di una rinascita economica che la trasformò in un polo sanitario e per l’alta tecnologia, oltre che in un modello di rinnovamento urbano per gli Stati Uniti. “L’amministrazione cittadina aveva fatto le cose per bene”, ricorda Florida, che lì trascorse 18 anni, lavorando come docente di politica e sviluppo economico regionale alla Carnegie Mellon University. “Furono concesse agevolazioni fiscali per attirare le imprese, le quali crearono numerosi posti di lavoro, mentre vennero costruite infrastrutture moderne. La città aveva veramente molto da offrire”.

Nonostante questo successo, Florida notò che, negli anni, le persone più creative e dotate – proprio quelle per cui la città si era così faticosamente adoperata e su cui contava per costruire il proprio futuro economico – lasciavano Pittsburgh per vivere e lavorare altrove. Scartando le ipotesi più accreditate, che imputavano le cause di ciò a trattamenti economici o a condizioni di vita più favorevoli, Florida iniziò una ricerca scientifica per scoprire, o almeno teorizzare, i veri motivi. L’intento era quello di trovare, in particolare, l’anima di una città moderna. I risultati, pubblicati in vari libri negli ultimi dieci anni, hanno consolidato la scienza della pianificazione territoriale, facendo guadagnare a Florida la fama di autorevole pensatore, dedito alla creatività, all’importanza del luogo, allo sviluppo regionale e alla competitività economica.

Florida è forse più conosciuto, però, per aver coniato il concetto di “classe creativa”, diffusamente trattato nel suo terzo libro di grande successo, L’ascesa della nuova classe creativa. Ripercorrendo ciò che definisce “il tema fondamentale”, che ha a lungo guidato e determinato il cambiamento nella società americana, Florida sostiene che, oggi più che mai, la creatività è l’elemento propulsore della crescita economica, della trasformazione e del rinnovamento delle città. Identifica e definisce altresì i gruppi di persone che egli ritiene siano gli elementi catalizzatori del cambiamento, la cui massiccia presenza nelle moderne aree metropolitane è essenziale al fine di raggiungere i massimi livelli di sviluppo economico. Questi gruppi, costituiti da persone per vari motivi tenute ai margini, spesso divenute povere e che seguono stili di vita anticonformisti, rappresentano la cosiddetta “classe creativa”, in cui possiamo trovare sia addetti dell’ingegneria, dell’informatica, delle arti e dello spettacolo, sia omosessuali e “bohèmien evoluti”. In totale, secondo Florida, in questi gruppi rientrano circa 40 milioni di persone, pari a un terzo della forza lavoro americana.

Oltre a conferire un certo stile alla vita cittadina, per Florida le scelte operate da queste “persone creative” nei luoghi in cui lavorano, vivono e si divertono sono decisive in ogni campo, dall’organizzazione dei luoghi di lavoro allo sviluppo delle aree urbane, fino a determinare quali imprese – e addirittura quali città – continueranno a crescere e a prosperare e quali falliranno. “La classe creativa favorisce un ambiente aperto e dinamico”, dice Florida, “il quale, a sua volta, attira altre persone creative, oltre a capitali e imprese”.

Per gli urbanisti, la grande sfida consiste nell’applicare allo sviluppo economico delle città quella che Florida definisce la formula delle “3 T”: tecnologia, talento e tolleranza. Oltre a offrire incentivi fiscali che attraggano imprese e persone creative, le amministrazioni comunali devono contribuire a creare “un clima umano” che contribuisca al senso di benessere e di appartenenza dei cittadini di tutte le età e di ogni ceto sociale. “Naturalmente le persone hanno bisogno di sentirsi fisicamente al sicuro, ma devono anche potersi sentire accolte e parte della comunità in cui vivono”.

Per far questo occorre, secondo Florida, una pianificazione territoriale illuminata,che, al posto di costosi progetti e infrastrutture di tipo tradizionale, quali autostrade, uffici pluripiano, impianti sportivi e centri commerciali, induca città e regioni a investire di più nelle “risorse rigenerative”, creando quartieri commerciali e residenziali ecologici, integrati e accessibili. Analogamente, le norme municipali e le attività cittadine – dall’orario dei negozi alle feste popolari – dovrebbero essere l’espressione della cultura demografica di strada.

Per meglio orientare la pianificazione e l’implementazione delle risorse, Florida consiglia altresì l’impiego di strumenti e metodi nuovi, atti a qualificare e quantificare la popolazione cittadina, quali il sistema di classificazione da lui stesso ideato, che giudica le città secondo parametri specifici, come “l’indice bohèmien”, “l’indice gay” e “l’indice diversità”. “È molto difficile creare questi gruppi comuni di talento [la classe creativa] e controllarne e incanalare l’energia. È un processo organico”. Florida cita in particolare San Francisco e Silicon Valley, dove circa la metà degli imprenditori sono stranieri, come “eclatanti esempi di luoghi capaci di attirare grandi talenti da tutto il mondo e di generarli”.

Sebbene apprezzate in numerosi ambienti americani e stranieri (L’ascesa della nuova classe creativa, per esempio, è stato giudicato un’idea innovativa dall’Harvard Business Review, mentre il Globe & Mail di Toronto l’ha definito “un tour de force intellettuale”), le teorie di Florida sulle città hanno infastidito non pochi accademici e giornalisti. Uno di questi ha osservato: “Florida non ha fatto altro che codificare un movimento già in corso. Ha colto al volo un processo in atto nelle città americane da quando avevano toccato il fondo, negli anni ‘70: il fenomeno Soho, dove gli artisti hanno risanato edifici trascurati, rivalorizzandoli e rendendoli nuovamente interessanti per il mercato immobiliare”. Secondo un altro, “leggendo la definizione che Florida dà della sua classe creativa, si fa fatica a distinguerla da un altro gruppo ben noto negli anni ‘80, gli yuppies“.

Florida, dal canto suo, non si cura delle critiche. Oggi vive in Canada, dove è direttore del Martin Prosperity Institute della Rotman School of Management presso l’Università di Toronto, nonché fondatore di una società di consulenza internazionale, la Creative Class Group.

Egli è un oratore molto apprezzato e un fervido sostenitore – per giusta causa – della tolleranza, dell’apertura mentale e della diversità in ogni forma essa si manifesti. “Il business semplicemente prospera nelle comunità ad alto tasso di talento”, precisa Florida, il cui ultimo libro, Who’s Your City?, tratta di come l’economia creativa stia facendo del luogo dove vivere la scelta più importante della nostra vita. “Il futuro appartiene a questi
luoghi”.