Carbone nell’estremo nord

A 78 gradi di latitudine nord, Svea è la miniera sotterranea più settentrionale del mondo e l’unica nella regione nordica.

Contenuto correlato

Sintesi

Il nastro trasportatore lungo 13 chilometri, in funzione nella miniera Svea, nelle Svalbard, estrae ogni anno dal cuore della montagna circa 4 milioni di tonnellate di carbone. Per portare all’esterno 2.000 tonnellate ci vuole circa un’ora.
Il gas metano e le polveri di carbone sono prodotti secondari pericolosi poiché possono provocare incendi ed esplosioni. Anche la più piccola scintilla o fonte di calore possono innescare una conflagrazione.
Come misura preventiva, a metà del 2008, nella miniera Svea sono stati installati i sistemi SKF per il monitoraggio delle condizioni nelle stazioni di avanzamento, in quelle di arresto e sui tamburi di traino, in modo che si possano controllare regolarmente le condizioni di funzionamento degli enormi cuscinetti impiegati.
“Con i sistemi SKF per il monitoraggio delle condizioni abbiamo aumentato i tempi di funzionamento, la sicurezza e la disponibilità delle macchine”, ha dichiarato Gunnar Andreas Aarvold, responsabile della manutenzione nella miniera Svea. “Questo è l’obiettivo principale del sistema. In futuro sapremo se è stata una scelta corretta”.

A 78 gradi di latitudine nord, Svea è la miniera sotterranea più settentrionale del mondo e l’unica nella regione nordica.

A 1.000 chilometri dal Polo Nord, nell’arcipelago norvegese delle Svalbard, nel Mare Glaciale Artico, Svea ha affrontato nei suoi 92 anni di storia condizioni estreme, ma oggi è una delle miniere sotterranee di carbone più moderne del mondo.

A gestire l’attività è la Store Norske Spitsbergen Kulkompani, SNSK, di proprietà dello stato norvegese.

Il marchio aziendale, in bella mostra sui pick-up 4×4 Toyota in servizio nella miniera, reca l’immagine di una famigliola di orsi polari – un quadretto improbabile, dato che questi orsi non vivono in famiglie e i maschi tendono a uccidere i propri cuccioli.

Ma, proprio perché impossibile, il binomio con Svea è perfetto.

“Molti hanno provato a fare dell’ estrazione del carbone sulle isole Svalbard un’attività redditizia, senza riuscirci”, dichiara Gunnar Andreas Aarvold, responsabile della manutenzione a Svea. “Noi abbiamo dimostrato che l’impossibile è possibile e ci siamo ispirati a questo per il nostro logo”.

 

Le Svalbard sono una landa articamolto estesa, costellata di numerosi insedimenti minerari in disuso, come quello russo di Barentsburg, che nel 2008 è stato allagato a causa di un incendio.

Svea, invece, cresce, nonostante il disastroso incendio occorso nel 2005, che provocò perdite pari a un anno di produzione e la più consistente richiesta di risarcimento nella storia della Norvegia.

La miniera di Svea si trova 60 chilometri a sud-est di Longyearbyen, capitale delle Svalbard, ma a causa delle avverse condizioni geologiche e climatiche, tra le due località non esiste un collegamento stradale.

Svea è raggiungibile in aereo (c’è un pista di atterraggio), in motoslitta (attenzione agli orsi polari, alle renne e alle volpi) o via mare. Poiché il Van Mijenfjord è navigabile e libero dai ghiacci tra luglio e dicembre, il carbone estratto deve essere stoccato per circa sei mesi.

La fornitura di parti di ricambio, macchinari, cibo e gasolio, nonché gli spostamenti del personale, pongono problemi logistici tanto seri quanto unici.

Gli enormi caterpillar che in estate e in autunno movimentano il carbone nel porto affinché sia caricato sulle navi, durante l’inverno vengono impiegati per il trasporto su speciali slitte di container da 40 tonnellate che contengono le varie derrate; un viaggio di andata e ritorno da Longyearbyen attraverso le montagne dura 24 ore.

Ma rifornire del necessario la miniera e l’insediamento, con temperature spesso inferiori a -30 °C, è un gioco da ragazzi rispetto a estrarre il carbone a una profondità di sei chilometri nel cuore della montagna. “Il problema che tutte le miniere del mondo devono affrontare è quello di sincronizzare il lavoro di sviluppo di un nuovo strato – galleria principale e vie di accesso, ventilazione, elettricità, acqua, aria, trasportatori – continuando l’estrazione in quello esistente per non interrompere la produzione”, spiega Aarvold.

 

A Svea, scavareuno strato, che di solito è alto 4 metri, largo 250 e lungo tre chilometri, richiede tra otto mesi e un anno, al pari di quanto occorre per completare lo sviluppo di uno strato adiacente.

Il cuore dell’attività è una macchina continua JOY, munita di potenti tagliatrici cilindriche che asportano 80 centimetri di carbone alla volta, la quale si muove avanti e indietro nella galleria lungobanco.

La macchina può avanzare da 10 a 20 metri al giorno, secondo la consistenza della roccia.

“Con tutte le apparecchiature che vengono al seguito – trasformatori, generatori, componenti idraulici, ecc. – è come portarsi dietro ogni giorno una fabbrica SKF”, commenta Aarvold.

Nell’area di escavazione, gli operatori stanno in piedi sotto un tetto sostenuto da armature idrauliche, che sono facilmente spostabili, e azionano la macchina a distanza. Si tratta di un lavoro duro, in mezzo a polvere e terra, ma i minatori ricevono uno stipendio adeguato.

Dopo l’estrazione dal banco, un robusto trasportatore convoglia i pezzi di carbone attraverso un tunnel separato, lungo 13 chilometri, che li fa arrivare all’insediamento di Svea.

Qui, con un rombo che ricorda quello di una cascata, il carbone viene rovesciato per formare una piramide all’aria aperta e, successivamente, caricato mediante pale escavatrici sugli autocarri pesanti Volvo, che provvedono a trasportarlo per 12 chilometri fino al porto.

Ogni anno, tra luglio e dicembre, circa 70 navi, alcune delle quali di classe Panamax con 70.000 tonnellate di stazza, navigano alla volta delle Svalbard per caricare questo carbone norvegese di alta qualità.

“Il lunedì, quando arrivo, ho bisogno di vedere e di sentire quella cascata di carbone, altrimenti la settimana che inizia sarà infernale”, dice Aarvold, il quale vive con la famiglia a Longyearbyen, ma, durante l’inverno, fa il pendolare in motoslitta.


Un lunga storia

La Store Norske Spitsbergen Kulkompani fu fondata nel 1916, quando subentrò nella gestione delle miniere di carbone di Spitsbergen all’American Arctic Coal Company, diretta da John Munro Longyear, al quale si deve il nome della capitale dell’isola.

Nel 2007, il fatturato della SNSK, che dà lavoro a 400 dipendenti, è stato di 2,2 milioni di corone norvegesi (256 milioni di euro) con una produzione di 4,1 milioni di tonnellate di carbone. La miniera di Svea fu acquistata nel 1934 dalla Svezia – da cui prende il nome – ma la produzione a pieno regime è iniziata solo nel 2001.

Il sito Svea Nord ha riserve produttive per circa 17 milioni di tonnellate, vale a dire più di otto anni di attività. È stato scoperto un altro giacimento, a Lunckefjell, che potrebbe essere operativo entro il 2014 e offrire riserve fino al 2019.

Il carbone è venduto prevalentemente in Germania, Inghilterra e Francia; il 54 percento è impiegato nelle centrali elettriche, il 28 percento nell’industria dell’acciaio e il 18 percento nella produzione di cemento.

La SNSK ha svolto un ruolo storicamente importante nello sviluppo e nel mantenimento della comunità di Longyearbyen, sebbene la gestione dei servizi sociali, quali scuole e ospedali, sia appannaggio del governo norvegese dal 1989.