Industria

È ora di cambiare

È una delle principali sfide dell’era moderna: la “mancanza di tempo” costringe molti ad arrancare per riuscire a gestire tutte le incombenze.  Soluzioni? Imparare a organizzarsi o rallentare il ritmo.

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Famigliari o amici si lamentano che avete sempre tanto tempo a disposizione? Negli ultimi tempi avete letto molti romanzi? Vi state assaporando un altro rilassante pomeriggio lavorativo?

Se avete risposto “no” a tutte le domande, non vi preoccupate, siete in buona compagnia. Molti lamentano di non avere abbastanza tempo e di vivere una vita sempre più frenetica. La giornata è troppo corta per soddisfare a tutti gli impegni. In più, con gli smartphone che sfornano informazioni a tutte le ore, la linea di confine tra lavoro in ufficio e lavoro a casa diventa sempre più labile. Perfino i bambini devono fare i conti con un’agenda sempre più fitta di impegni. La gestione del tempo è diventata una fiorente industria, che si autoalimenta facendo leva sui desideri frustrati del pubblico attraverso libri come The 4-Hour Work Week di Tim Ferriss (trad. it. 4 ore alla settimana) o Getting Things Done di David Allen (trad. it. Detto, fatto! L’arte dell’efficienza).

Ma è vero che abbiamo meno tempo che in passato?

Carl Honoré, autore nel 2004 del best seller In Praise of Slow (trad. it. … E vinse la tartaruga) e, più di recente, di The Slow Fix, ne è convinto. “L’attuale momento storico è una tempesta perfetta per l’incrociarsi di tendenze sociali, culturali e tecnologiche che stanno andando fuori controllo. È vero che nel corso della storia gli uomini hanno sempre vissuto momenti di apprensione. Dalle meridiane, che nell’antica Roma furono accolte con preoccupazione, ai treni, che all’epoca della Rivoluzione Industriale viaggiavano a circa 30 chilometri orari. Da allora la curva è sempre andata verso l’alto. Nell’era moderna le macchine velocizzano la produzione e il capitalismo premia la velocità”.

Cosa deve fare una persona oberata d’impegni? Una strategia consiste, per esempio, nel fare in modo che le cose vengano fatte in modo più rapido e intelligente, così da dedicare più tempo alle attività prioritarie. Il web pullula di siti dedicati al “life hacking”, nei quali si danno suggerimenti su tecniche e strategie per accrescere la produttività. Si spazia dai consigli sulle app o sui software più efficienti a semplici accorgimenti su come non perdere tempo al mattino nel cercare le chiavi di casa o la borsa.

Pur essendo un sostenitore dell’industria dell’efficienza,  Mike Vardy ha creato un sito che ridicolizza le azioni esageratamente mirate alla produttività. “Trovo irritante leggere consigli su come mangiare un panino con hamburger senza che il pane s’impregni di salsa. Sono cose che vanno davvero oltre”.

Ciononostante, Vardy continua a credere che, se i suggerimenti sull’efficienza sono ponderati, apportano valore. Ex direttore editoriale del blog Lifehack, oggi scrive per il blog The Productivityist ed è autore di libri come The NOW Year: A Practical Guide to Calendar Management.

All’origine della carenza di tempo c’è, secondo Vardy,  un approccio non corretto alla sua gestione. Occorre pensare in termini di compiti da assolvere anziché di tempo.
“La gente fa un uso sbagliato della propria agenda”, spiega. “La riempie d’impegni senza concedersi un minimo di flessibilità. Invece siamo più produttivi quando ci troviamo nel cosiddetto stato di ”flow”, cioè di massima positività e bilanciamento, quindi dovremmo aspirare a mantenerlo. Se pensiamo troppo al tempo, non ci dedichiamo al compito da svolgere, ed è controproducente”.

Vardy avverte, tuttavia, che un’eccessiva focalizzazione sui piccoli miglioramenti della produttività fa perdere di vista l’obiettivo. Invita, piuttosto, a concentrarsi sulla qualità del tempo anziché sulla quantità. “Troppe persone si chiedono come riuscire a inserire più impegni nel corso della giornata, mentre dovrebbero pensare a come renderla più significativa”.

Honoré è della stessa opinione: “I suggerimenti possono servire, ma se l’approccio è di natura esclusivamente ”micro” si rischia di perdere di vista il ”macro”, ossia il quadro generale”. Honoré mira a bilanciare una vita sempre più veloce con l’impegno a favore della lentezza. “Si comincia a reagire all’idea che la velocità sia sempre l’opzione migliore”.
Lo ”Slow Movement”, il movimento lento di cui parla nel suo libro del 2004, inneggia a un cambiamento culturale teso a rallentare il ritmo delle nostre vite. Si è esteso a molti campi dell’agire con la nascita di movimenti come Slow Food, Slow Cities (Cittaslow), Slow Parenting, Slow Finance – e addirittura Slow Science.

Honoré spiega che corpo e mente non possono arrivare a più di tanto. “È vero che già gli antichi romani erano stressati dai loro impegni, ma oggi il sé fisico sta oltrepassando ogni limite”. Attribuisce al “mito della velocità” la colpa dell’aumento esponenziale di bambini che prima dei dieci anni sono vittime di depressione, ansia, autolesionismo ed esaurimento. “Pensate a quanti sono i bambini ai quali viene somministrato il Ritalin per permettere loro di superare la giornata, oppure a quante persone assumono farmaci psicotropi o a quelli che non dormono abbastanza o hanno un sonno troppo leggero”, osserva. ”Il nostro corpo ci sta presentando il conto per qualcosa che dura ormai da troppo tempo”.

“La velocità si sta ritorcendo contro di noi. Pensiamo alla crisi finanziaria, provocata dall’eccessiva velocità di circolazione del denaro”.

Vivere più lentamente porta a concentrarsi su un’attività per periodi di tempo elevati. Si tratta, come dice Honoré, di “assaporare le ore e i secondi piuttosto che di limitarsi a contarli. Di fare tutto al meglio, piuttosto che di farlo il più in fretta possibile. È una questione di qualità e non di quantità, dal lavoro al cibo fino all’essere genitori”.

Honoré tiene a precisare, tuttavia, di non essere un integralista: “C’è una lentezza positiva e una negativa. Ognuno possiede il proprio metronomo e la felicità consiste nel vivere il più possibile in sintonia con questo”.