L’affidabilità proattiva trasforma la manutenzione

Passare da una manutenzione reattiva ad un programma di affidabilità proattiva è proficuo ma esige una trasformazione della cultura dell’azienda.La gestione della performance delle attività promette di diventare la nuova frontiera della tecnologia nel ventunesimo secolo, un po’ come lo sono stati, negli anni Novanta, il controllo e l’ottimizzazione dei processi per le industrie. I responsabili di esercizio e manutenzione ritengono questo sviluppo in tutto e per tutto logico. L’ottimizzazione ed il controllo avanzato dei processi possono funzionare solo se le macchine e le attrezzature dello stabilimento sono disponibili e funzionanti in modo ottimale.

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Passare da una manutenzione reattiva ad un programma di affidabilità proattiva è proficuo ma esige una trasformazione della cultura dell’azienda.La gestione della performance delle attività promette di diventare la nuova frontiera della tecnologia nel ventunesimo secolo, un po’ come lo sono stati, negli anni Novanta, il controllo e l’ottimizzazione dei processi per le industrie. I responsabili di esercizio e manutenzione ritengono questo sviluppo in tutto e per tutto logico. L’ottimizzazione ed il controllo avanzato dei processi possono funzionare solo se le macchine e le attrezzature dello stabilimento sono disponibili e funzionanti in modo ottimale.

   Fattori come la riduzione delle risorse e del personale, le esigenze di tutela ambientale, la maggiore concorrenza e l’eccesso di capacità spingono l’industria di trasformazione e l’industria pesante a cambiare approccio nei confronti dell’esercizio e della manutenzione. I produttori devono gestire i loro stabilimenti in modo saggio ed efficiente non solo per ottenere una migliore economia di produzione ma anche per evitare penalità e conseguenze legali. Ai responsabili dei processi di produzione si chiede continuamente di ottenere sempre di più consumando sempre di meno.

Un obiettivo difficile da centrare

In questa situazione, una migliore gestione delle attività si delinea sempre più chiaramente come un modo per mantenere la competitività e tagliare i costi. Eppure, quello di fare in modo che i macchinari dello stabilimento funzionino ai massimi livelli resta per molti un obiettivo difficile da centrare.
   Christer Idhammar, fondatore, presidente e direttore generale dell’IDCON Inc in North Carolina (USA), dice che un numero sempre maggiore di aziende crea nuove funzioni a livello centrale, ad esempio quella di direttore dell’affidabilità e della manutenzione. Idhammar, che lavora in questo settore dal 1972, spiega che alcuni dei tentativi di aumentare l’affidabilità dell’esercizio e della manutenzione hanno riscosso grandi successi, mentre altri sono falliti perché mancavano di un approccio a lungo termine.

   Secondo Idhammar, un approccio a lungo termine presuppone l’abbandono del concetto di manutenzione reattiva (sostituzione delle parti man mano che si rompono), adottando invece i principi della manutenzione preventiva (sostituire le parti prima che si rompano), seguita dalla manutenzione predittiva (sostituzione delle apparecchiature al momento giusto, valutato grazie a metodi come il condition monitoring) ed approdando, infine, all’affidabilità proattiva. L’affidabilità proattiva prevede la sostituzione delle apparecchiature al momento giusto e l’individuazione delle cause del problema in base alle informazioni ottenute, per esempio, grazie al condition monitoring. Essa ha per oggetto i guasti ricorrenti e la messa in atto di procedure per evitarne il ripetersi.

   Questa strategia permette alle aziende di assumere il pieno controllo di tutto ciò che avviene nello stabilimento, il che rende possibili i risparmi più notevoli. Si calcola infatti che i tempi imprevisti di inattività di macchine ed apparecchiature occupi almeno il 5% del tempo pianificato di esercizio. Per una normale industria pesante, ciò può tradursi nell’1-3% degli introiti annui.
   L’assunzione di un approccio più proattivo nei confronti delle attività e delle tecnologie di manutenzione può quindi tradursi in risparmi sostanziali.

Cambiare la cultura aziendale

Eppure, la manutenzione è stata per molto tempo considerata come una fonte di costi anziché di profitti. È questo che ha portato alla manutenzione reattiva. L’avvento di una manutenzione preventiva, predittiva ed infine proattiva, col supporto di processi e tecnologie adeguati, potrà cambiare questo modo di pensare nel corso dei prossimi anni. Il nuovo approccio può contribuire in modo decisivo alla produttività e quindi alla redditività complessiva.

   Per Idhammar, il tutto può essere sintetizzato in alcuni concetti di base. «È importante distinguere tra generare risultati e tagliare costi. È per questo che noi chiamiamo il nostro concetto ‘results-oriented maintenance’ (manutenzione incentrata sui risultati). Non si può dire ‘Vediamo che aumento di affidabilità otteniamo a un costo inferiore’. Le apparecchiature non costano quando funzionano bene, ma costano quando si rompono».

   Il punto più importante, dice Idhammar, è che il passaggio da un approccio reattivo ad un’affidabilità proattiva esige la trasformazione della cultura aziendale. È indispensabile che la cultura dell’azienda acquisti consapevolezza della necessità del cambiamento. Spesso i cambiamenti necessari presuppongono un passaggio di responsabilità; l’azienda deve quindi essere in grado di investire il tempo e le energie necessari a sensibilizzare il personale ed a mantenerlo aggiornato.

Dare il controllo all’operatore

Un importante fattore nella manutenzione dell’affidabilità, dice l’esperto di esercizio e manutenzione Heinz Bloch, è l’ODR (operator-driven reliability, affidabilità gestita dall’operatore). «L’ODR è un approccio in gran parte trascurato», dice Bloch, che ha scritto 13 libri e collabora alla rivista Hydrocarbon Processing come esperto in materia di affidabilità. «Chi cerca di attuare una gestione delle attività senza includere l’ODR, perde diverse opportunità».

   Il concetto di ODR, dice Bloch, è semplicemente una struttura per organizzare le attività del personale addetto allo stabilimento in concordanza con le prassi di manutenzione di affidabilità dell’azienda. Gli operatori sono le persone in più stretto contatto quotidiano con le macchine e generalmente sono loro i primi a notare anche le più lievi variazioni di funzionamento delle macchine stesse. Affidare loro un ruolo chiave nell’impegno per l’affidabilità dello stabilimento è un modo logico ed economicamente molto efficace di migliorare l’esercizio delle macchine e del processo.

   Come spiega Bloch, in tutti gli stabilimenti esistono tre funzioni fondamentali per gli addetti: funzionamento, manutenzione delle macchine e relativi approvvigionamenti.

   «Se queste tre funzioni non sono in armonia tra loro, le macchine non possono funzionare in modo affidabile – dice Bloch – Alcune delle aziende di avanguardia stanno constatando che distribuendo la responsabilità in parti uguali tra le persone addette a queste tre funzioni si ottengono non solo macchine che funzionano meglio ma anche persone più motivate. Ciò indica chiaramente la necessità di attribuire all’operatore il giusto riconoscimento e le giuste responsabilità».

Sensibilizzazione

Nel processo di cambiamento che precede l’affidabilità proattiva, un momento importante è la sensibilizzazione nei confronti del processo di ispezione, coinvolgendo gli addetti ed instaurando una cultura di miglioramento continuo.

   «Si tratta di cambiare le persone perché lavorino in modo più disciplinato e perché lavorino meglio con le risorse che hanno», dice Idhammar della IDCON.

   Oltre che ravvivare la cultura aziendale sotto alcuni aspetti fondamentali, un buon programma di manutenzione proattiva esige la volontà di adottare nuove tecnologie e la capacità di impegnare le risorse finanziarie, formative e umane necessarie per utilizzare nel migliore dei modi le iniziative tecnologiche. Infine, la tecnologia in sé non è una risposta; essa richiede processi di manutenzione aggiornati. L’inserimento di nuove tecnologie nella raccolta dei dati, nella gestione della conoscenza e nei processi decisionali è d’importanza decisiva per poter utilizzare appieno il potenziale di tali tecnologie.

Scorciatoie

Idhammar concorda sul fatto che l’importanza della tecnologia nell’esercizio e nella manutenzione non va sottovalutata. Le macchine possono essere valutate ricorrendo alle tecnologie di condition monitoring. Le interruzioni dell’esercizio vanno pianificate in base ai problemi identificati avvalendosi di apparecchiature per il monitoraggio delle vibrazioni e delle condizioni. Le interruzioni non pianificate si riducono notevolmente.

   «I dispositivi elettronici portatili permettono agli addetti alla manutenzione ed all’esercizio di svolgere molte più mansioni senza ulteriore dispendio di tempo – prosegue Idhammar – E possiamo prevedere che la giovane generazione nel campo dell’esercizio e della manutenzione non vorrà un sistema basato su carta per i controlli di manutenzione, ma esigerà una soluzione computerizzata e high-tech».

   Nella ricerca dell’affidabilità proattiva dell’esercizio e manutenzione, dice Idhammar, la semplicità è fondamentale. Il primo passo mira a svolgere sul serio la manutenzione preventiva: ottenere il giusto allineamento, la giusta equilibratura delle parti rotanti, le giuste prassi operative e le giuste apparecchiature, la cui scelta sia stata basata non sul prezzo più basso ma sulla durata a lungo termine. Il secondo passo è svolgere il resto della manutenzione in modo più efficiente. Ciò significa un’identificazione precoce di ogni problema grazie al condition monitoring ed alla pianificazione degli interventi in modo efficiente e, ad intervento compiuto, l’identificazione di quali sono state le cause del problema stesso.

   «La formula magica non esiste – dice Idhammar – Non importa come si suddividono le attività di manutenzione o quale acronimo si sceglie per designare la trasformazione. Il risultato è sempre lo stesso. L’importante è gettare bene le basi. I risultati migliori li ottengono coloro che fanno, non coloro che si limitano a parlarne.»

Amy Brown
  
giornalista di economia e tecnologia,
  Stoccolma