L’arte di lavorare in gruppo
L’era informatica ha permesso alle imprese di creare gruppi di lavoro i cui membri interagiscono a distanza su progetti comuni. Yael Zofi si adopera affinché questi “team virtuali” operino con successo, superando le possibili difficoltà.
Fatti
Yael Sara Zofi
Residenza: Brooklyn, New York
Famiglia: Ted, il marito; Maya ed Ella, le figlie
Formazione: Columbia University (master), Rutgers University (business school), American University National Training Laboratory (studi avanzati post-laurea)
Libri: autrice di quattro libri, compreso A Manager’s Guide to Virtual Teams
Interessi: viaggi, arte, danza, vela, escursionismo, bicicletta, sport all’aria aperta.
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Yael Zofi ricorda perfettamente la sua visita a Future World, nel parco Disney World in Florida. Aveva nove anni e rimase affascinata da uno spettacolo nel quale gli attori inscenavano un modo futuribile. A colpirla fu la scena in cui una donna preparava la cena impartendo ordini agli elettrodomestici da cucina e, nello stesso tempo, parlava con il marito in ufficio attraverso un TV a schermo piatto.
Sono passati quasi quarant’anni da allora e il mondo virtuale è ormai una realtà. Il lavoro di Zofi consiste nell’aiutare le aziende a raggiungere i propri obiettivi, destreggiandosi fra tecnologie in costante evoluzione.
Esperta di virtual management e autrice del libro “A Manager’s Guide to Virtual Teams”, Zofi pensa che nel mondo sempre più globalizzato, i team virtuali stiano rimodellando il modo di fare business. La presenza fisica non è più necessaria: i componenti di un team possono essere dislocati ovunque nel mondo e riunirsi solo in uno spazio virtuale.
“Le email hanno surclassato le telefonate, così come le teleconferenze hanno sostituito le riunioni fisiche”, spiega.
La capacità di interagire online in ogni momento porta numerosi vantaggi, ma anche alcune sfide: “Una di queste può essere la difficoltà dei manager di gestire un team quando i suoi componenti non sono fisicamente presenti. Connettersi a livello umano attraverso la tecnologia è una capacità difficile da acquisire”.
Zofi, che lavora a New York, nel quartiere di Brooklyn, ha cominciato alla fine degli anni ottanta a occuparsi di gruppi nell’area dell’assistenza sanitaria e delle risorse umane. Poi ha lavorato come consulente per Accenture, PricewaterhouseCoopers e JP Morgan, aiutando i top manager e i team a “creare una connessione più stretta ed efficace per raggiungere gli obiettivi aziendali”.
Convinta che l’interazione efficace all’interno di un gruppo migliori la spinta motivazionale e la produttività, nel 1995 ha cominciato a lavorare come assistente alla New York University, tenendo corsi di leadership e team development.
Nel 1998 ha lanciato la AIM Strategies, Applied Innovative Management, la società di consulenza gestionale di cui è l’attuale CEO.
Da sette anni il fulcro dell’attività di Zofi è la formazione, attraverso la quale i team virtuali acquisiscono la capacità di gestire le riunioni in modo più efficace.
“Penso che i dipendenti più giovani sappiano utilizzare le nuove tecnologie con maggiore disinvoltura. Tuttavia, possono rivelarsi meno capaci di gestire l’interazione a livello umano”.
Un aspetto chiave della gestione virtuale è il successo dei meeting a distanza. Perché questo avvenga, occorre soddisfare, secondo Zofi, i quattro fattori chiave.
Il primo riguarda la preparazione, che comprende la verifica del buon funzionamento della tecnologia scelta, in anticipo rispetto allo svolgimento della riunione. “I partecipanti di un meeting virtuale possono essere dislocati a Londra, New York, in Asia o in Australia”, spiega. “Non è certo auspicabile che una programmazione carente o problemi tecnici ostacolino una riunione, poiché riprogrammare l’evento e coordinare le differenze orarie richiederebbe molto tempo”.
Il secondo fa riferimento alla partecipazione e all’impegno. Zofi consiglia di nominare un responsabile, o “moderatore”, che metta in collegamento i vari membri del gruppo, rendendoli edotti circa i loro ruoli e le responsabilità, senza perdere di vista l’obiettivo finale.
Il terzo concerne il rispetto e la sensibilità verso le differenze culturali, linguistiche e tecniche all’interno del gruppo. Occorre saper gestire sia le personalità dominanti sia quelle “meno partecipative”, che potrebbero tendere a defilarsi.
Il quarto fattore è il feedback. Zofi suggerisce di “dare sempre un seguito immediato al meeting, pubblicando le annotazioni emerse e i successivi feedback”. Ritiene che in questo modo si risparmi molto tempo e si eviti qualsiasi confusione, soprattutto nei contesti interculturali.
Zofi, che per il suo libro ha intervistato oltre 150 manager e membri di team virtuali, pensa che la sfida principale sia la capacità di instaurare e consolidare dei rapporti per raggiungere obiettivi comuni. “Occorre creare situazioni virtuali che riproducano le conversazioni da “macchina del caffé”, cioè quelle in cui le persone parlano della propria famiglia, degli hobby o degli ultimi eventi. Più il team è virtualmente collegato, più il suo operato sarà efficace”.
Per Zofi è sbagliato credere che basti semplicemente far funzionare la tecnologia per ottenere una collaborazione efficace tra gruppi di persone che lavorano insieme.
“Si può disporre della tecnologia più all’avanguardia, ma se non s’instaura il collegamento umano, il meeting è destinato a fallire e a disperdere l’impegno del gruppo”.
La maggiore diffusione di questa nuova modalità lavorativa presuppone una maggiore capacità gestionale. La conduzione delle riunioni dei gruppi di lavoro virtuali comporta la capacità di apprendere nuove strategie, strumenti e competenze tecniche, in particolare se si considera il crescente uso delle “conferenze sul web”, che all’audio uniscono la visualizzazione.
“Chissà se in futuro scriverò un libro diametralmente opposto: come gestire gruppi di lavoro che si riuniscono fisicamente attorno a un tavolo”, conclude scherzando.