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Fatti, non parole

Incorporare programmi di etica e conformità nelle attività quotidiane è sempre più fondamentale per le imprese. Non solo ai fini del successo, ma per la loro stessa sopravvivenza.

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Reputation Institute

Sottoposte al vaglio sempre più minuzioso di governi, legislatori, attivisti, consumatori e utilizzatori di social media, le imprese sono esposte come mai prima d’ora al rischio che eventuali comportamenti immorali o illeciti vengano a galla.

Tuttavia, come dimostrato dai numerosi scandali aziendali emersi solo nell’ultimo decennio, l’esistenza di programmi di etica e conformità non implica necessariamente comportamenti inappuntabili da parte delle aziende né dei loro fornitori.

“Le aspettative nei confronti delle imprese crescono ogni giorno”, osserva Henrik Stroier, amministratore delegato e partner del Reputation Institute International di Copenhagen. “La gente ha visto talmente tante aziende disoneste, talmente tanti atti illeciti, talmente tanti raggiri che è sempre più scettica e cinica riguardo alle imprese”.

“Occorre un maggiore impegno per riconquistare il supporto e la fiducia su cui si poteva contare un tempo”.

I programmi di etica e conformità, che hanno lo scopo di promuovere comportamenti etici e appropriati all’interno dell’organizzazione e delle parti terze, sono fattori chiave per ricostruire – e mantenere – la fiducia persa. Oltre all’ottemperanza alle leggi, questi possono riguardare la riduzione dell’impatto ambientale delle attività d’impresa, la sicurezza che i materiali impiegati nella produzione siano procurati in modo responsabile, la garanzia di un equo salario per i lavoratori nei paesi in via di sviluppo, la dichiarazione dei conflitti d’interesse e il ripudio della corruzione.

Le aziende più grandi hanno ormai adottato programmi di questo tipo. Molte lo fanno per il proprio tornaconto, poiché riconoscono che aiutano a evitare sanzioni (o a ridurne l’entità), ad aumentare gli utili e a migliorare la reputazione tra gli stake­holder.

Essere considerati affidabili e socialmente responsabili è anche la chiave per fare business e attirare i migliori laureati, come dice Diane O’Connor, vice presidente Global Environment, Health, Safety and Sustainability della Xerox.

Non è facile, tuttavia, rendere efficaci questi programmi. Lo dimostrano gli scandali in cui sono state coinvolte alcune aziende che, al tempo degli illeciti, avevano in realtà in vigore politiche tese a promuovere comportamenti etici e rispettosi della legge.

Più spesso, le mancanze sono il risultato di errori all’interno del sistema organizzativo piuttosto che delle azioni di un individuo o di gruppi di dipendenti.

“Sebbene spesso le aziende addossino la colpa delle violazioni delle norme di condotta a ‘dipendenti disonesti’, definendoli ‘alcune mele marce’, la ricerca indica che le gravi inosservanze societarie non sono quasi mai imputabili a singoli individui scorretti”, è stata la conclusione di uno studio condotto da Robert Hurley, docente di Management presso la Fordham University di New York, e pubblicato dalla MIT Sloan Management Review.

Le recenti linee guida dell’ISO (International Organization for Standardization) sui sistemi di gestione della conformità sottolineano, tra le altre cose, l’importanza della formazione affinché ognuno concepisca le proprie responsabilità, così come dell’implementazione di sistemi tesi a rilevare le non-conformità e – non ultimo – dell’esecuzione sistematica di controlli.

Etica e conformità sono intimamente collegate. Una cultura solidamente incentrata sull’etica all’interno di un’organizzazione crea le basi per una gestione efficace della conformità, come sostiene Franziska Zuber, senior manager, Risk Consulting, della KPMG in Svizzera.

“Un’autentica motivazione e l’impegno a ‘fare le cose nel modo giusto’ – che stanno alla base di una cultura etica – favoriscono verosimilmente comportamenti legittimi da parte dell’azienda e dei suoi componenti”, commenta Zuber in un blog della KPMG.

Tuttavia, come hanno scoperto multinazionali del calibro di Xerox, controllare i comportamenti dei propri fornitori, in particolare di quelli oltreoceano, risulta alquanto difficile.

Ogni anno, l’azienda del Connecticut, effettua una verifica su alcuni fornitori per controllare la loro conformità agli standard aziendali. “Ci aspettiamo che i nostri fornitori operino eticamente nei confronti dei propri collaboratori, pagando il giusto compenso, facendoli lavorare un giusto numero di ore e retribuendoli per le ore effettivamente lavorate”, dice O’Connor.

“Eseguiamo i controlli anche alla fonte”, continua. “Chiediamo risposte anche a livello dei subfornitori per conoscere la provenienza dei minerali,  gli impianti utilizzati … È molto importante per il nostro business, oltre che per difendere il nostro marchio”.

La forte pressione sulle aziende a operare correttamente è direttamente collegata all’esplosione delle reti di social media, come fa notare Stroier. Per le imprese che non “passano dalle parole ai fatti”, ora c’è “ tolleranza zero”, anche se non hanno fatto nulla di illegale.

Starbucks, che si fregia di comportarsi come un “buon cittadino”, ha dovuto affrontare imbarazzanti proteste e boicottaggi nel Regno Unito nel 2012, dopo che era emerso che l’azienda non aveva versato quasi nulla all’erario britannico, pur operando da oltre un decennio nel paese. Sebbene abbia agito nell’ambito della legalità, la sola notizia che la catena di caffetterie con sede a Seattle si fosse comportata in modo non etico, è bastata all’azienda per versare volontariamente l’equivalente di 27 milioni di euro di imposta sulle società, tra il 2013 e 2014.

Recuperare la fiducia persa da un’azienda è possibile, ma ci vuole tempo e occorre andare oltre il semplice controllo del danno. Non ultimo, ci vogliono dirigenti capaci di dare il buon esempio.

“Per una svolta in senso etico della cultura aziendale, occorre cambiare gli atteggiamenti quotidiani e le prassi all’interno dell’organizzazione. Non basta infiocchettare la comunicazione interna ed esterna con belle parole”, sottolinea Zuber.

SKF, etica e conformità al centro
Per la SKF, l’etica è uno dei valori fondamentali. Il Codice di Comportamento della SKF, che definisce i valori etici per l’azienda e per i suoi dipendenti, si propone di essere una guida per lo svolgimento del lavoro quotidiano, nonché una base per costruire rapporti di fiducia tra gli stessi dipendenti, i partner commerciali e la società. È stata da poco lanciata una versione aggiornata del Codice di Comportamento, proposta in modalità e-learning. Ai dipendenti nelle varie funzioni vengono simulate alcune situazioni nelle quali possono trovarsi. Il corso prevede alcune esercitazioni interattive sui comportamenti da adottare in caso di situazioni eticamente difficili. La SKF ha inoltre realizzato una serie di corsi obbligatori, sempre in ­modalità e-learn­ing, sui temi della corruzione, della truffa, dell’antitrust e del controllo delle esportazioni. Oltre a creare consapevolezza, la SKF intende implementare un nuovo sistema di reporting, attraverso il quale i dipendenti di tutto il mondo possono riferire eventuali ­problematiche di carattere etico.